BST Round 1: 1x01 Pilot

Testimone dal passato

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    Autore: Anna86
    Titolo: Larry, la guardia giurata.
    Paring: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: B&B visti da un occhio un po’ particolare…
    Disclaimer: I do not own Bones.

    LARRY, LA GUARDIA GIURATA
    Larry Brown faceva la guardia giurata al Jeffersonian da quasi dieci anni. Aveva cominciato a lavorare lì nel 1990 grazie ad un suo cugino che gli aveva procurato l’impiego. Gli piaceva il suo lavoro, anche se in un laboratori o come quello non capitavano molte cose interessanti; esaminavano ossa vecchie di decine, centinaia, a volte anche migliaia di anni e lui non riusciva a capire cosa ci potesse essere di tanto interessante in un lavoro del genere.

    L’aveva vista arrivare, la Dottoressa Temperance Brennan, nel 1998. La prima volta che l’aveva incontrata si era ritrovato a pensare che non sembrava per nulla la tipica ragazza americana fresca di laurea. Allora lei aveva poco più di vent’anni, ma possedeva già il piglio deciso di una donna molto più grande. Lavorava sodo più di chiunque altro in quel posto e parlava solo di questioni relative al lavoro. La cosa che lo aveva colpito di più erano stati senza ombra di dubbio quegli occhi incredibili, due pozze blu che cambiavano sfumatura in base alle stagioni; d’inverno erano quasi blu scuro, mentre d’estate diventavano chiarissimi, come se raccogliessero la luce del sole all’esterno.

    I suoi colleghi della sicurezza la trovavano fredda e scostante e l’avevano soprannominata I.Q., che stava per Ice Queen. A Larry dispiaceva per lei; ogni tanto coglieva nel suo sguardo un velo di malinconia, ma questo durava solo un attimo perché non appena la guardava di nuovo era sparito, sostituito dalla solita estrema concentrazione. Si chiedeva come fosse la sua vita al di fuori del laboratorio.

    Di tanto in tanto Goodman e l’uomo degli insetti, il Dottor Hodgins, si fermavano nel suo ufficio cercando di abbozzare una conversazione, ma i tentativi erano sempre vani. Quell’atteggiamento rafforzava la teoria dei suoi colleghi, tuttavia Larry era certo ci fosse molto più di quello che si vedeva in superficie nella Dottoressa dagli occhi di ghiaccio.

    Col passare del tempo questa convinzione si era un po’ affievolita perché le cose non erano per niente migliorate, anzi se possibile la Dottoressa si era fatta ancora più distante. Poi erano successe due cose che avevano fatto pensare al buon Larry che forse c’era speranza; la prima era stata l’assunzione da parte dell’Amministratore Goodman di Angela Montenegro, di professione artista. A quanto pareva lei e la Dottoressa si conoscevano già, perché non appena la nuova arrivata aveva messo piede nel laboratorio si era praticamente lanciata tra le braccia della Brennan urlando ‘Tesoro! Visto che ho accettato? Ci divertiremo un mondo a lavorare qui insieme.’

    La dottoressa aveva alzato gli occhi al cielo dicendo ‘Angela, non siamo qui per divertirci, ma per lavorare.’ Però sulle sue labbra era comparso un sorriso, e ciò costituiva una cosa più unica che rara per lei. L’artista era la prima persona che di tanto in tanto riusciva a coinvolgere la Brennan in una conversazione che non trattasse di lavoro e anche se queste non duravano mai più di cinque minuti rappresentavano pur sempre un passo avanti.

    Qualche tempo dopo, Goodman aveva accettato di ‘prestare’ la Dottoressa all’FBI per aiutarli con alcune delle indagini per omicidio; lei non ne era stata per nulla entusiasta, però aveva accettato. La liason tra il Bureau e il Jeffersonian si era materializzata sotto il nome e le fattezze dell’Agente Booth, un ragazzone di bell’aspetto che indossava fibbie e cravatte piuttosto strambe per essere un agente dell’FBI. Quando Larry glielo aveva fatto notare lui aveva sfoderato un sorriso a mille watt e gli aveva risposto:

    ‘Questo perché non hai ancora visto i miei calzini, Larry.’

    Alla guardia Booth piaceva; sembrava un ragazzo di buon cuore e dedito al proprio lavoro. Era simpatico e salutava sempre tutti. Tuttavia la Dottoressa non sembrava condividere l’opinione di Larry in merito.

    Il rapporto tra i due era stato conflittuale fin dal primo incontro e durante le indagini per l’omicidio della povera Cleo Eller la tensione era salita a livelli piuttosto alti. L’Agente bruno sembrava l’unica persona in grado di far uscire dai gangheri la Brennan e Larry sospettava che Booth si divertisse anche un pochino nel provocarla.

    Ma per quanto i bisticci e le divergenze di opinioni fossero state una consuetudine in quei giorni, Larry non aveva potuto fare a meno di notare che quei famosi occhi di ghiaccio assumevano una nuova sfumatura ogni qual volta l’agente Booth era presente.

    Persino quando era arrabbiata con lui.

    Soprattutto quando era arrabbiata con lui.

    C’era una luce nuova in essi, sembravano persino più blu del solito. Più vivi.

    In quel momento Larry venne riscosso dai suoi pensieri poiché i due in questione stavano avviandosi verso l’uscita del laboratorio bisticciando come al solito:

    ‘Posso guidare io fino al cimitero?’ Chiese la Dottoressa;

    ‘Scordatelo.’ Rispose Booth. La bella dottoressa sembrò indignata dalla risposta dell’agente.

    ‘Non vedo perché devi essere così ottuso. Sono un’ottima guidatrice.’

    Larry si ritrovò a pensare che quei due formavano veramente una bella coppia. Gli ricordavano se stesso e la moglie vent’anni prima.

    Booth, che era giusto un passo dietro la Brennan, nonostante la discussione in atto aveva un’espressione divertita. Lo stava facendo apposta.

    Se se ne accorge ti stende, ragazzo. Si ritrovò a pensare Larry.

    Quando arrivò alla porta l’agente gli rivolse un sorriso e gli disse ‘Bella giornata, non è vero Larry?’
    ‘Splendida.’ Rispose lui.

    Il sorriso di Booth si allargò ulteriormente e Larry era sicurissimo che appena prima di scomparire dietro la porta insieme alla Dottoressa l’agente gli avesse fatto l’occhiolino.

    Ora ne era sicuro, decisamente c’era speranza.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 12:21
     
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    + Titolo: La presenza di uno sguardo
    + Autore: Chemistry
    + Pairing: B&B
    + Rating: per tutti
    + Summary: ‘Non si voltò nemmeno per capire chi fosse la persona che le stava facendo una radiografia alla schiena. Ormai aveva imparato ad identificare la sensazione che le dava quello sguardo su di sé.’
    + Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.

    La presenza di uno sguardo

    ‘Era sera tardi.
    Si trovava nel suo ufficio per sistemare le scartoffie relative all’ultimo caso. Era stata una settimana difficile e la stanchezza da tempo aveva preso possesso della sua mente e del suo corpo, ma sapeva che ormai mancava poco per poter andare a casa a concedersi un bagno caldo e distensivo.
    Dava le spalle alla porta della stanza ma, nonostante questo, la sentì.
    La presenza. Due occhi che la osservavano.
    Non si voltò nemmeno per capire chi fosse la persona che le stava facendo una radiografia alla schiena. Ormai aveva imparato ad identificare la sensazione che le dava quello sguardo su di sé. Riusciva quasi a sentirlo mentre scorreva lungo la sua figura e si soffermava su punti ben precisi.
    Le piaceva sentirsi accarezzare da quegli occhi che, insistenti, la accarezzavano in ogni sua parte remota, in ogni angolo nascosto del suo essere. La facevano sentire viva e femmina, delle volte preda.

    Lavoravano insieme da qualche tempo e ormai si era abituata a quel fascino intenso e a quel carisma dirompente. Si era abituata anche alla sua prestanza fisica, ai suoi muscoli ben scolpiti e al contatto fisico che qualche volta, sfuggente, c’era tra loro. Si era abituata non senza fatica, perché sentiva una forte attrazione per quell’uomo e intuiva che la linea da scavalcare, per rendere il loro rapporto più che professionale, era assai sottile.
    Solo ad una cosa non riusciva proprio ad abituarsi. E forse non ci sarebbe riuscita mai. Quello sguardo. Quegli occhi color nocciola che ogni tanto diventavano più scuri, a seconda delle situazioni in cui si trovavano, ma che sempre le scatenavano nuove e violente emozioni.

    Continuò a sistemare la scrivania, concedendosi a quegli occhi ancora per qualche minuto, finché l’elettricità nell’aria cominciò a scatenare le solite scintille. A quel punto abbandonò sul tavolo la cartelletta che reggeva nelle mani e lentamente si voltò.
    Piazzò gli occhi in quelli di lui ed entrambi si regalarono un sorriso carico di aspettativa, che presagiva una futura, intima, complicità.

    “Sono venuto a prenderti. Andiamo a mangiare qualcosa insieme, sono affamato.” disse lui interrompendo quell’attimo di oblio.

    Lei tentennò un momento, intuendo che quelle frequenti cene che si stavano susseguendo alla fine delle loro giornate lavorative prima o poi li avrebbero condotti all’appartamento di uno dei due, dove avrebbero smesso di resistere a quell’attrazione che i loro corpi avevano l’uno verso l’altro.
    Ma anche questa volta non riuscì a dire di no. Forse sperava che finalmente quella sera fosse la sera.

    “Cinese?” domandò lei sorridendo, mentre iniziava a infilarsi la giacca e recuperava la sua borsa dalla sedia.

    “Aggiudicato.”

    Lei gli passò di fianco per uscire dall’ufficio ed entrambi sentirono una di quelle scintille strepitare nel minimo spazio che li separava. Fecero finta di niente, come al solito, ma sorrisero intimamente a quella sensazione di aspettativa che gli dava.

    Kathy Reichs ed Andy Lister si diressero all’ascensore e verso la cena che, forse, sarebbe stata l’inizio di una lunga serata interessante.’
    Brennan schiacciò il tasto per salvare il capitolo del suo prossimo libro e, soddisfatta, richiuse il portatile.

    Aveva scoperto quella nuova strada da far intraprendere ai suoi due protagonisti della fantasia e si sentiva particolarmente eccitata nello scrivere di quelle sensazioni.
    Le sembrava quasi di rilasciare dei sogni celati, era liberatorio. Ma non era una cosa razionale quella e quindi non dava molto peso all’effetto che le faceva.

    Dentro di lei c’era una parte che scalpitava per uscire allo scoperto, ma non riusciva a sentirla in maniera chiara. Intuiva solo un velo di trepidazione dentro di sé, che si alleviava scrivendo quella tensione tra i suoi due eroi.

    Certamente non avrebbe mai attribuito il risultato del suo ultimo capitolo alla sensazione che gli trasmetteva lo sguardo di Booth. Avrebbe negato fino allo sfinimento che le emozioni che gli occhi di Andy Lister davano alla sua protagonista femminile erano le stesse che provava lei sotto quello del suo partner.

    Già, il suo partner. Avevano appena concluso e risolto il caso della povera Cleo Eller e avevano suggellato questo nuovo legame professionale.

    Durante la loro prima collaborazione gli occhi di lui l’avevano studiata insistentemente e da subito aveva imparato a riconoscere la sensazione che provava quando lui la osservava di nascosto. Per quella ragione, quando si trovò nella stanza di controllo dell’aeroporto intuì immediatamente la sua presenza sulla porta.
    Quelle percezioni la infastidivano perché non riusciva a razionalizzarle e, come se non bastasse, nei giorni seguenti all’inizio di quella nuova collaborazione gli occhi di lui la osservavano ogni volta in maniera diversa e più intensa.

    Anche al poligono di tiro aveva avvertito la sua presenza dietro di sé e quando avevano iniziato a discutere su chi risolveva gli omicidi, quegli occhi si erano riempiti di una nuova sfumatura. Oltre all’esaltazione per la sfida che avevano messo in atto, oltre all’irritazione per quel suo fare presuntuoso, aveva letto anche qualcosa di diverso che però non aveva compreso.

    Si era solo sentita incendiata da quegli occhi che ogni tanto si abbassavano a guardarle le labbra, che si erano fatte vicine in maniera troppo pericolosa. L’elettricità che li aveva avvolti in quel momento era potentissima e poteva bastare davvero poco per scatenare un incendio.
    Nonostante la lucidità in quel momento iniziasse a vacillare, riuscì a tenere testa a quella sfida e a terminare il suo discorso, ma nel momento in cui uscì dalla porta della postazione del poligono si dovette fermare un istante e appoggiare alla parete.

    Sentiva la tensione invaderla e non riuscì a comprendere esattamente quello che era appena accaduto. Capiva che si erano provocati a vicenda, si sentiva seccata dalle parole di lui ma, allo stesso tempo, provava uno strano formicolio allo stomaco e un brivido sulla pelle.

    Si chiedeva se sarebbe stato sempre così con lui.
    Di fatto, alla fine del caso di Cleo Eller aveva capito molto di più del suo partner, lo aveva visto coinvolto nel caso e deciso a rendere giustizia a quella povera vittima quanto lo desiderava lei. Aveva capito che avrebbe voluto lavorare con lui, aiutarlo nella sua missione.
    L’unica cosa che non era ancora cambiata era la sensazione che gli occhi di lui le davano. E forse quella cosa non sarebbe cambiata mai.

    Lei però tutto quel turbinio di emozioni non lo capiva e riconosceva, l’unica cosa che comprendeva era che la confondeva perché non riusciva a dargli una spiegazione razionale.

    Fortunatamente scrivere quel capitolo, quella sera, le aveva fatto bene. L’aveva fatta sentire più leggera. E non comprendeva il perché, le parole erano scivolate leggiadre sui tasti, fluide, ispirate da chissà quale corrente.

    Brennan si soffermò a riflettere un momento sul perché avesse scelto di far intraprendere questa strada ai suoi due personaggi, ma non ne comprese il motivo.

    Pensò che, forse, un uomo come Andy Lister e una donna come Kathy Reichs, che scatenavano quel tipo di elettricità, per logica dovessero rilasciarla prima o poi.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 19:55
     
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  3. omelette73
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    AUTORE: elo_93
    TITOLO: Tempo al tempo
    PARING: B&B
    RATING: Per tutti
    SUMMARY: 'Bones e Booth capiscono finalmente cosa vuol dire essere partners...'

    Bones e Booth capiscono finalmente cosa vuol dire essere partners.

    - Che ci fai qui?
    Quelle erano state le sue prime parole quando lo aveva sentito entrare.
    Non iniziava bene, così. Aveva già avuto a che fare con lei, in casi precedenti. E aveva fatto l’errore di non crederle.
    Ma sapeva che era la migliore, che era un genio nel suo campo.
    Lei era stata appena fermata all’aeroporto di Washington D.C. da un addetto della sicurezza interna.
    Trasportava un teschio umano nella borsa, illegalmente.
    Poi era arrivato lui, l’agente speciale Seeley Booth dell’FBI, per venirla a prendere e farla uscire da quella stanza.
    Inutile dire che a lei, la dottoressa Temperance Brennan, antropologa forense del Jeffersonian Institute, testarda come un mulo e orgogliosa fino…alle ossa, tutto questo non andava bene.
    Per tutta la durata del caso di Cleo Eller,una ragazza coinvolta in uno scandalo politico, l’uno punzecchiava l’altro.

    Un gioco, forse, ma con una punta di malizia.

    Sarebbero mai andati d’accordo quei due? Improbabile.
    Al poligono, lei stava scaricando la tensione sparando con la pistola. Aveva una buona mira. Quando arrivò lui, alle sue spalle, ecco che ricominciò il gioco.
    Le andò vicino, sparò un colpo verso la figura di cartone. Punteggio: sette.
    - Forse, come cecchino, eri un po’ scarso.
    - Forse…
    Si stavano sfidando, i visi vicini, gli sguardi che si sostenevano e nessuno che cedeva, le labbra a pochi centimetri.

    Ognuno poteva sentire il respiro morbido e caldo dell’altro.

    Lui guardò fisso nei suoi occhi, chiari, cristallini, e le disse: – Gli omicidi non vengono risolti dagli scienziati. – mettendo il suo braccio al lato della testa di lei, continuò - Ci pensano le persone come me, che fanno mille domande, mille volte, e che capiscono sempre al volo quando qualcuno mente. Tu sei grande in quello che fai, però gli omicidi non li risolvi tu, ma gli sbirri.

    Lei lanciò una sfida, che lui raccolse: - Sostieni che sono gli sbirri a risolvere gli omicidi e non quelli come me. Dimostralo. Fai lo sbirro.
    Entrambi stavano giocando con il fuoco. E non è mai prudente giocarci. Si rischia di bruciarsi.
    Ma prima che ciò potesse avvenire, lei si tirò indietro.
    Sapeva di aver dato filo da torcere all’agente. Ma di certo non sapeva di che pasta fosse fatto.
    Era riuscita a scoprire il suo passato. Era un ex cecchino dei corpi speciali, diventato un agente federale.
    Entrambi sapevano anche che la vita è fragile: una scultura magnifica di cristallo su una base troppo instabile.

    Lei studiava le ossa, con le loro risposte certe, indiscutibili.
    Lui si fidava dell’emotività e del suo istinto.
    Lei era estremamente razionale, matematica e scientifica.
    Lui, irrazionale, emotivo e sensibile.
    Lei si basava sul cervello.
    Lui sul cuore.
    Cervello e cuore: due organi vitali. L’uno non vive senza l’altro.
    Così diversi, così simili. Ma complementari.

    Lo capirono e, al funerale della ragazza rinvenuta nell’acqua, decisero di seppellire l’ascia di guerra. Avevano finalmente capito molto l’uno dall’altro. Perché per conoscersi bene bisogna ricevere, ma anche dare.

    Adesso erano partners, amici. Dovevano aiutare a costruire la fiducia.
    Lei, Bones – nomignolo datole da Booth, lo comprese e si aprì. Si era trovata in qualche modo coinvolta in questo caso. Sapeva cos’era l’attesa e cosa ne derivava. Capiva lo stato d’animo degli Eller, che avevano dovuto attendere due anni e mezzo di silenzi e false speranze.
    Lo sapeva perché aveva provato, e provava tutt’ora, cosa significasse. Perse i genitori a quindici anni e da allora non ne sapeva niente.
    In futuro gli racconterà qualcos’altro del suo passato, così come farà lui.
    Si abituerà al fatto che dovrà dare qualcosa in cambio, non solo ricevere.
    Ha appena imparato una lezione fondamentale: dare per ricevere.
    E chi lo avrebbe mai detto?

    Imparerà sicuramente altre cose del mondo.

    Ma bisogna dare tempo al tempo.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 19:56
     
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    Autore: Kew08
    Titolo: Waitin’ on a sunny day
    Pairing: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: Il titolo dice già tutto... stiamo aspettando un giorno di sole.
    DISCLAIMER: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX

    Waitin’ on a sunny day

    Ferma sull’uscio di un ufficio dell’FBI, Temperance Brennan osservò per qualche istante l’uomo seduto alla scrivania.
    Provava una sensazione strana.
    Curiosità, sì.
    Avrebbe potuto continuare a guardarlo a lungo, per studiarlo, per provare a capirlo.
    Sarebbe stato un tentativo vano, pensò.
    Lei non era brava a capire le persone.
    E quella persona, in particolare, le dava l’impressione di essere un enigma assai complesso.
    Ma provava anche un vago senso di insicurezza.
    Quel desiderio di conoscere quell’uomo… era strano, e in qualche modo la turbava.
    Era abituata a dare poco di se stessa. Non vedeva perché gli altri dovessero farlo con lei.
    E, a onor del vero, il più delle volte non le interessava minimamente approfondire la conoscenza. Non era davvero politicamente corretto quel pensiero, ma essere politicamente corretta non le era mai riuscito, proprio mai.
    Cosa c’era di diverso in quell’uomo, allora?
    Perché la induceva a chiedersi cosa gli passasse per la testa?
    Cosa la portava a seguirne i movimenti, a soffermarsi sul tono della sua voce, a dare peso alle sue parole, alle sue opinioni?
    Ecco.
    Curiosità.
    Insicurezza.
    Aveva individuato ben due delle emozioni che si agitavano dentro di lei.
    Non male per una che evitava sempre, accuratamente, di guardarsi dentro.
    Guardarsi dentro…
    Detestava quelle espressioni che descrivevano azioni impossibili nel mondo reale.
    Ma c’era poco da fare. In quel momento Temperance Brennan si stava, in effetti, guardando dentro. E si accorse di un’altra, disturbante, sensazione.
    Esitazione.
    Lei!
    Stava esitando!
    Lei non esitava mai!
    “Booth”. Pronunciò quel nome come per pigiare su un interruttore che spegnesse quei pensieri assurdi che la stavano portando in territori che non aveva nessuna voglia di esplorare.
    Solo sentendosi chiamare Seeley Booth si accorse che qualcuno era entrato nella stanza.
    Era totalmente concentrato nella visione di un video. Sullo schermo scorrevano le immagini della laurea di Cleo Eller, la vittima dell’omicidio sul quale stavano indagando.
    Immagini di festa.
    Le spalle leggermente incurvate, l’espressione del viso vagamente incredula.
    Un dolore sordo nel cuore.
    Nella sua mente, flash dei resti martoriati di Cleo, immagini crude che sembravano prendersi gioco di quei sorrisi, di quella felicità che pure, un giorno, era stata la realtà di Cleo, di coloro che la amavano.
    “Sembrano proprio felici, non ti pare?”, le chiese.
    “Altrimenti non avrebbero acceso la videocamera, immagino”, rispose lei, pragmatica come sempre. “Zack ha detto che volevi vedermi”. Lo guardò, aspettando di sentire quel che aveva da dirle, osservandolo mentre taceva per qualche secondo.
    A cosa stava pensando?
    Di nuovo.
    C’era cascata di nuovo.
    Cosa le importava cosa stesse pensando? Aveva solo bisogno che le dicesse se c’era qualche novità o qualcosa da fare per il caso. Dovevano lavorare. Basta con le divagazioni insensate e fuori luogo.
    Ma se avesse potuto leggere nei pensieri di Booth, avrebbe saputo che era dispiaciuto per la frase che aveva pronunciato al laboratorio.
    Non sapete niente del mondo reale, aveva detto a lei e ai suoi squint.
    Si sentiva in colpa. Il senso di colpa era uno stato d’animo che conosceva piuttosto bene.
    Detestava ferire la gente. E, se per sbaglio lo faceva, l’istinto di curare quelle ferite era troppo forte per poter resistere.
    Voleva conoscere quella donna, stabilire un contatto con la sua storia, coi suoi pensieri, coi sentimenti che lui riusciva a percepire sotto la corazza.
    E, certo, voleva anche informarla sugli sviluppi del caso… e farle sapere che non sarebbe stato certo lui a tirarsi indietro di fronte al possibile assassino di una giovane donna innocente. Neanche se si fosse trattato di un senatore.
    Ma, prima, doveva provare a percorrere la strada che l’istinto gli suggeriva.
    L’istinto, il suo fidato consigliere.
    “Vorrei discutere di qualcosa di cui non ti piace parlare: famiglie”.
    Si alzò in piedi vedendola voltarsi verso la porta per uscire, in un secco e tacito rifiuto di toccare quell’argomento scottante.
    La chiamò, aggirando la scrivania: “Temperance…”.
    Lei si fermò e si girò, guardandolo.
    “I partner condividono cose. Costruisce la fiducia”.
    Con quella voce carezzevole e quel tono tranquillizzante, Booth voleva farle credere che parlare della sua famiglia e del suo dolore fosse la cosa più sensata.
    Non sarebbe accaduto.
    Non l’avrebbe convinta.
    Con lo sguardo, fiero e deciso, glielo disse.
    Solo con gli occhi.
    Te lo puoi scordare. Non ti parlerò di questo.
    Booth le ricambiò lo sguardo. Anche lui, senza parlare, le disse che la rispettava e che sarebbe stato paziente con lei.
    Allungò una mano, sfiorando quella di lei, in un fugace contatto che creò una scintilla.
    Capita, a volte, nei momenti di fragilità, che qualcuno ci conforti, ci faccia capire che non siamo soli.
    Capita, a volte, che in quei momenti le emozioni siano così intense e contraddittorie da farci salire le lacrime agli occhi.
    Ci sentiamo un po’ stupidi, allora, piccole fontane dai rubinetti difettosi. Leggere barchette sbattute qua e là tra l’amore e la paura, la disperazione e la speranza.
    Così si senti Temperance Brennan sentendo sulla pelle quel tocco delicato.
    Sulla pelle.
    Dentro l’anima.
    Un’emozione talmente forte da non farle venire in mente che è fisicamente impossibile toccare l’anima.
    La stessa intensa emozione negli occhi e nel cuore di Booth.
    Certi amori nascono così.
    In silenzio.
    Certe persone scelgono, sentimentalmente, di vivere nella penombra.
    La penombra è sicura.
    Non ferisce gli occhi.
    Non ferisce il cuore.
    Ma il sole è lì fuori che aspetta.
    Aspetta che chi si ama in silenzio, nella penombra, trovi il coraggio di guardarlo in faccia.
    Si intrufola nelle loro vite, raggio dopo raggio, tentandoli con assaggi di felicità.
    Sa aspettare, il sole, e regala i suoi colori anche a chi lo guarda con gli occhi chiusi.
    Sorge e tramonta, splende e riscalda, sicuro che un giorno quell’amore saprà guardarlo ad occhi aperti.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 12:22
     
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  5. omelette73
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    Autore: Lathika
    Titolo: Roba fatta, capo ha.
    Pairing: Brennan/Booth
    Rating: per tutti.
    Con questa mia prima fiction ho cercato di immaginare quello che poteva essere il prologo al loro “incontro” in aeroporto, insomma un “backstage” del finto salvataggio di Booth.
    Note: Il titolo è dovuto ad un modo di dire che usava mia nonna paterna. Mi sembrava un modo carino per ricordarla ad un anno dalla scomparsa.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono

    ROBA FATTA, CAPO HA.

    La spia che segnalava di tenere le cinture allacciate si spense poco dopo il decollo. Il comandate stava dando, in inglese con forte accento ispanico, il benvenuto sul volo Guatemala City-Washington ai pochissimi passeggeri presenti. La dottoressa Temperance Brennan si trovava su quel volo dopo due mesi passati a recuperare corpi da diverse fosse comuni, cercando di restituire loro almeno un’identità. Temperance Brennan era una rinomatissima antropologa forense e lavorava presso il Jeffersonian Institute di Washington. Questo in realtà non era un vero e proprio incarico ricevuto dal Jeffersonian, bensì il suo periodo di ferie arretrate. L’idea di andare in vacanza in qualche posto esclusivo a passare intere giornate stesa al sole, era per lei inconcepibile. Qualche volta, avrebbe potuto assecondare le insistenti richieste della sua amica Angela, sempre pronta a trascinarla in qualche luogo ricco di arte, cultura ed altre più allettanti forme di evasione. Ma il senso del dovere e la passione per il suo lavoro erano più forti di qualsiasi altra cosa. Proprio perché sapeva fin troppo bene cosa volesse dire veder sparire i propri cari, cercava di dedicare tutto il suo tempo al recupero e alla identificazione di corpi senza nome. Quella in fondo era la sua missione e nel suo campo era la migliore. Fece un profondo respiro e si voltò a guardare fuori dal finestrino. In quel momento stavano sorvolando il Mar dei Caraibi e da lontano s’intravedeva quella che doveva essere la costa messicana. Aveva davanti a sé diverse ore di volo. All’aeroporto ci sarebbe stata ad attenderla Angela. Già se la immaginava pronta a saltarle al collo e a bombardarla di domande sul suo soggiorno in Guatemala, su come erano i ragazzi che avevano lavorato con lei, sulle sue “attività” post-scavo. Dio santo, quella ragazza era un ciclone! Sarebbe riuscita ad organizzare un party anche nel bel mezzo della Foresta Amazzonica. Angela era un’autentica artista con tutte le luci ed ombre del caso. A Temperance era stata simpatica fin dall’inizio, anche se da un punto di vista intellettuale ed emotivo, non potevano essere così diverse. Lei razionale fino al midollo, dedita alla scienza come unica fonte di verità e assolutamente indipendente; Angela invece, totalmente irrazionale, pronta a rivoluzionare la propria vita per seguire un’illusione, capace di abbandonarsi completamente alla voce del cuore. A volte faceva fatica a capirla, eppure c’era qualcosa che le invidiava. Angela era una persona capace di interagire con il prossimo, era un’entusiasta della vita e di tutte le sorprese che questa poteva regalarci. Aveva mille interessi ai quali dedicava tutte sé stessa, era una pittrice straordinaria ed un genio al computer e il Jeffersonian aveva fatto un ottimo acquisto assumendola. Temperance avrebbe voluto avere almeno una parte della sua sensibilità nel cogliere le persone e del suo modo di affrontare la vita , avere la forza di aprirsi un po’ di più agli altri. Di certo il lavoro in laboratorio non la aiutava in questo. Forse, una volta tornata a Washington, avrebbe dovuto chiedere di poter collaborare più spesso con l’FBI, invece di dedicarsi solo ed esclusivamente alle attività interne. In fondo, lei era anche una consulente nei casi di omicidio che ricadevano sotto la giurisdizione federale. Più volte aveva avuto a che fare con agenti federali e francamente non aveva trovato nessuno degno di benché minima nota. C’era soprattutto quell’Agente Booth che trovava particolarmente fastidioso. Insomma, maledettamente invadente, intento a fare battute che lei raramente riusciva a cogliere e pronto sempre e solo a seguire il proprio istinto, a scapito di una logica ricostruzione squisitamente razionale. Aveva collaborato con lui ad un paio di casi e francamente era più che sufficiente. Si era preso talmente tante libertà, anche con i suoi collaboratori, che aveva categoricamente vietato a Zach di farlo avvicinare alla loro postazione in laboratorio. Ma chissà, forse con un altro agente meno estroverso e spocchioso, avrebbe potuto provare ad andare qualche volta sul campo. Ci avrebbe pensato una volta arrivata a destinazione. Adesso voleva solo godersi quel che rimaneva del volo. Abbassò la tendina e tirò giù lo schienale. Aveva decisamente bisogno di rilassarsi un po’.

    *****

    L’Agente Speciale Seeley Booth si guardò ancora una volta allo specchio prima di uscire di casa. L’aspetto doveva essere impeccabile in vista di quello che lo attendeva. Per l’occasione aveva scelto un completo scuro e, a malincuore, aveva rinunciato ad una delle sue tanto amate cravatte in favore di una più classica. Poco prima, aveva parlato con il suo amico alla sicurezza interna dell’aeroporto Dulles, al quale aveva chiesto un favore non da poco. Sapeva di essere in enorme debito con lui e che non se la sarebbe cavata con la solita birretta al pub sotto casa. Ma aveva assolutamente bisogno di parlarle e l’unico modo era quello di bloccarla in aeroporto non appena fosse atterrata, anche a costo di farla arrestare. C’era in ballo un caso particolarmente delicato. Insomma, ritrovare un corpo decomposto in uno stagno non è una cosa che avviene tutti i giorni e il fatto che questo stagno fosse nel bel mezzo di un cimitero militare, dava al tutto un’ironia tremendamente lugubre. L’unica che poteva capire a chi potessero appartenere quelle ossa era lei. Era maledettamente brava in quel campo. Sapeva leggere le ossa come lui riusciva a leggere le persone e la cosa non era da poco. Certo per il resto era un totale disastro: Era molto affascinante ma assolutamente asociale, usava un linguaggio considerato dai più incomprensibile, vanitosa fino all’inverosimile quando si trattava di sfoggiare titoli che attestassero la sua intelligenza. Avevano iniziato a discutere fin dal primissimo istante e con lei era una lotta continua, visto che voleva avere sempre l’ultima parola. Per non parlare poi dei suoi collaboratori, topi di biblioteca confinati in un laboratorio ultra moderno a catalogare insetti, ossa e terricci. Insomma, sembrava di stare sulla Enterprise! Dopo l’ultimo caso poi, si era visto negare l’accesso al dipartimento di Antropologia Forense del Jeffersonian dietro esplicito ordine di Bones. Era convinto che quel soprannome non lo gradiva affatto. Ma del resto, fin dal loro primo incontro, aveva trovato spontaneo chiamarla in quel modo. Poco prima di presentarsi, si era soffermato all’entrata del laboratorio e l’aveva vista sulla pedana presa ad analizzare uno scheletro, con una tale concentrazione, che ne era rimasto turbato. Era come se il mondo circostante si fosse fermato ad osservare quelle ossa con lei, tutto era immobile e sospeso, in attesa di un suo giudizio. Sembravano un tutt’uno lei e le ossa e per questo gli era venuto in mente quel soprannome. Certo avrebbe dovuto tenerselo per sé, ma con il passare dei giorni, l’aveva trovata così irritante, che quel nomignolo era venuto fuori e questo la Dottoressa Brennan non glielo aveva ancora perdonato. Guardò l’orologio e si rese conto che era veramente ora di andare. Si diede un’ultima occhiata allo specchio, prese le chiavi del SUV, dopodiché, con un sorriso a fior di labbra, chiuse la porta di casa.

    *****

    La voce del comandante che annunciava l’imminente atterraggio all’aeroporto di Washington fece trasalire la Dottoressa Brennan. Accidenti, aveva praticamente dormito per tutto il volo. Una hostess la invitò ad allacciarsi la cintura e a sistemare lo schienale del proprio sedile. Con un’espressione confusa Temperance si preparò all’arrivo. Sapeva di aver sognato, anche se non ricordava bene cosa. Più che altro era una sovraesposizione di immagini fra gli scavi in Guatemala, il lavoro di laboratorio e le poche indagini svolte per l’FBI. Quello che l’aveva maggiormente colpita era che, per tutta la durata del sogno, un profumo particolare aveva fatto da sottofondo. Sapeva di colonia, ma era più intenso e fresco. Inutile dire che le piaceva molto. Doveva averlo già sentito in passato. Ripensando alla sequenza di immagini che si erano succedute durante il sogno riuscì improvvisamente ad associare quel profumo ad una persona… Apparteneva all’Agente Seeley Booth! Dannazione, l’aveva completamente rimosso. D’altronde era inevitabile, vista l’immediata antipatia che era sorta fra loro fin dalla prima indagine. Avevano passato più tempo a battibeccare che a discutere dei casi, ma doveva ammettere che insieme erano riusciti a risolverli anche quando sembrava fossero giunti ad un punto morto. E poi quel profumo l’aveva in qualche modo rassicurata durante il tempo trascorso assieme. Rassicurarla da che cosa poi non era chiaro, ma sapeva che accanto a Booth aveva avuto modo di esprimersi oltre le proprie competenze scientifiche, anche se con scarso successo, visto che lui non perdeva mai l’occasione per riprenderla. In fondo era stato l’unico a darle un minimo di corda ma, ogni volta, l’aveva pagata molto cara. Guardò fuori dal finestrino e vide da lontano stendersi la città di Washington. Ma sì, forse avrebbe chiesto a Goodman di poter ancora collaborare con il fastidiosissimo Agente Booth, doveva solo cogliere l’occasione giusta. Prese questa decisione nel momento esatto in cui le ruote del velivolo toccarono la pista di atterraggio.

    *****

    Seeley Booth parcheggiò il SUV di fronte all’ingresso degli Arrivi Internazionali dell’Aeroporto Dulles, prese il libro che stava nel cruscotto e scese dall’auto. Fu davanti alle porte scorrevoli dell’ingresso che incrociò un gruppo di cinque persone composto da quattro poliziotti ed una ragazza bruna dai tratti asiatici. A prima vista poteva sembrare un arresto, ma poi si rese conto che la ragazza stava raccontando una barzelletta e i quattro poliziotti ridevano di gusto ad ogni sua parola. Insomma, si trattava più di un corteggiamento che di un arresto e lei sembrava gradire molto quella situazione. Non appena le porte si aprirono, si sentì chiamare. Con profonda sorpresa realizzò che era stata proprio quella ragazza a farlo e gli ci volle qualche secondo per riuscire a focalizzarla. Ma sì, era Angela Montenegro, l’amica e collega di Bones al Jeffersonian. L’unica che avesse delle parvenze umane in mezzo a quell’esercito di androidi. Non aveva fatto in tempo a sviluppare questi pensieri, che se la ritrovò appesa al collo. Fu praticamente investito da una valanga che continuava a ripetere di aver capito che, tutta quella messa in scena, era farina del suo sacco. Angela gli raccontò di come lei e Brennan fossero state fermate dalla sicurezza poco prima di lasciare l’aeroporto, di come Brennan avesse steso il loro capo con un‘abile mossa di karatè e di come lei avesse contribuito a tenerlo a terra a colpi di borsetta. Poi Brennan era stata portata negli uffici della sicurezza aeroportuale perché nella sua borsa avevano trovato un teschio umano. Lei invece si era ritrovata ad essere scortata alla sua macchina da questi quattro cavalieri. Insomma, la festa di bentornato a “Bones” era riuscita proprio bene! Aveva trovato la giornata decisamente interessante e sperava si sarebbe conclusa nel migliore dei modi. Tutto questo lo disse ammiccando al biondino che stava alla sua destra. Salutò Booth con un sorriso complice ringraziandolo ancora per la sorpresa e raccomandandogli di vegliare sulla sua amica, la quale,probabilmente, non avrebbe preso la cosa con lo stesso spirito.
    Rimase fermo davanti alla porta ad osservare il gruppetto che si dirigeva ai parcheggi. Non appena sparirono dietro l’angolo, si voltò ed entrò in aeroporto. C’era poco movimento in giro, giusto qualche addetto intento a controllare il contenuto dei bagagli di un gruppo di turisti venuti dall’Europa. L’ufficio della sicurezza aeroportuale si trovava alla fine di un piccolo corridoio dietro ai controlli doganali. Cercò di allungare il passo perché temeva che la situazione potesse degenerare. Sapeva che, a questo punto, avrebbe dovuto offrire ben più di una cena al suo amico e si annotò mentalmente di chiamare Sid per chiedergli di rimediare due posti in tribuna per il prossimo incontro dei Mets. Prima di entrare, si soffermò davanti alla porta a vetri a studiare la scena che si stava svolgendo all’interno della stanza. Vide che lei era di spalle intenta a parlare con il suo amico ed una poliziotta seduta in fondo al tavolo. Più che arrabbiata aveva l’impressione che fosse quasi annoiata, come quando insisti a ripetere qualcosa che, chi ti sta di fronte, non riesce proprio a capire. Booth pensò che era giunta ora di entrare in azione. Cercò di assumere un’espressione che si adattasse alla circostanza ed aprì la porta.

    *****

    La Dottoressa Brennan stava spiegando per la centesima volta chi fosse e per quale motivo stesse girando con dei resti umani nella propria borsa, quando sentì aprirsi la porta alle sue spalle. La stanza fu subito invasa dal profumo che l’aveva accompagnata per tutto il sogno. Mentre si stava scusando con l’Addetto alla Sicurezza per averlo messo in difficoltà di fronte ai propri subalterni, Temperance Brennan capì che quella occasione era finalmente arrivata.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 12:23
     
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    + Autore: Omelette73
    + Titolo: Il beneficio del dubbio
    + Pairing: B&B
    + Rating: per tutti
    + Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono
    + Frase simbolica: “Concedile il beneficio del dubbio” disse semplicemente, interrompendo la ridda di pensieri di Booth “sono certa che non te ne pentirai” e vedendo quel sorriso limpido e sincero allargarsi sul volto dell’agente seppe, senza ombra di dubbio, che Brennan sarebbe stata in buone mani.

    - Suscettibile!
    - Dovresti sapere della sua famiglia, ha perso entrambi i genitori a 15 anni. Mi sembra notevole come contatto con la realtà.
    - Si, conosco la storia, ho letto il file, la polizia non ha mai trovato niente.
    - Brennan immagina che se magari qualcuno come lei fosse stato lì...
    - Per essere una che odia la psicologia, c’è dentro anche troppo.


    “Brennan non odia davvero la psicologia, non la capisce, è diverso”.
    “Suppongo che per un genio sia più o meno la stessa cosa”. Disse l’uomo facendo spallucce e guardando la donna di fronte a lui. Angela Montenegro gli sembrava la persona più normale in quello strano gruppo di esseri umani che componeva la squadra del Jeffersonian.
    Zack Addy era una specie di genio impopolare che tanto gli ricordava alcuni dei suoi compagni della scuola superiore e sebbene Seeley Booth avesse un’alta considerazione di se stesso, avere a che fare con persone come lui non contribuiva ad aumentare la sua autostima, quindi finiva sempre per trattare con un certo distacco il povero ragazzo.
    Jack Hodgins non aveva fatto mistero della sua scarsa considerazione verso l’autorità costituita ed il suo ruolo di agente dell’FBI, ma questo non lo preoccupava, nel suo lavoro aveva avuto spesso a che fare con folli teorici della cospirazione e comunque il riccioluto ragazzo degli scarafaggi gli piaceva.
    Poi c’era lei, Temperance Brennan, spirito indomito e occhi di ghiaccio. Mente brillante e assoluta incapacità di interagire con gli altri esseri umani, affrontava ogni situazione con lo stesso piglio deciso della sua buffa camminata ed era convinta che qualsiasi fatto che potesse essere logicamente spiegato costituisse un’assoluta verità. Ma Booth sapeva che i meandri della mente umana erano più complicati di come li dipingeva la geniale antropologa. Lui ci sapeva fare con le persone, era il suo punto di forza, ne riconosceva i meriti e sapeva coglierne le debolezze. Esattamente come comprendeva che l’atteggiamento di Bones era una maschera indossata per proteggersi dalle delusioni che la vita le aveva dato.
    Angela aveva ragione, trovarsi sola a quindici anni senza poter più vivere la vita alla quale fino a quel momento si era stati abituati era un notevole contatto con la realtà, persino violento, si disse Booth, quindi, per quanto molte delle sfaccettature di quella donna gli fossero ancora oscure, si impose di cercare di capire le ragioni del suo modo di fare.

    Angela guardò passare i pensieri sul volto dell’uomo di fronte a sé come se leggesse i tratti di una cartina geografica. Le espressioni dell’agente Seeley Booth erano abbastanza facili da interpretare in quel momento. Studiò l’uomo alto ed imponente che aveva di fronte con uno strano senso di sollievo che le aleggiava nel cuore.
    Brennan, la sua amica Brennan, sembrava finalmente aver trovato qualcuno disposto a comprendere la sua particolare visione del mondo e della vita, forse non a condividerla, ma sicuramente ad ascoltarla.
    Un leggero sorriso le aleggiò sulle labbra mentre prendeva in considerazione l’assurdità di quella situazione. Temperance le aveva rivelato che Booth era un ex cecchino dell’esercito, uno dei migliori in verità, che da anni ormai era in forze all’FBI risolvendo casi con la caparbietà e la sicurezza che solo l’esperienza ti concede. Il tipo di uomo che la sua amica avrebbe dovuto logicamente detestare, ma l’unico che – da molto tempo a questa parte – Angela sentì avere risvegliato l’interesse della sua amica. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno con se stessa.
    Li aveva sentiti bisticciare più volte come ragazzini da quando Booth aveva permesso a Brennan di seguire con lui questo caso e ricordava ancora quanto tempestoso e difficile fosse stato il loro primo incontro, qualche anno prima. Eppure sentiva che l’agente speciale Seeley Booth aveva toccato delle corde che nessuno aveva smosso nell’animo di Temperance.
    L’aveva provocata e cosa ancora più incredibile, era riuscito a farla rispondere alle sue provocazioni, con un’energia ed un cipiglio che da troppo tempo non coglieva nella sua amica e non solo dal punto di vista professionale, ma anche e soprattutto da quello personale.
    Angela, più di ogni altro, sapeva quanto fragile fosse Brennan e quanto la sua mente assorbisse ogni sensazione ed ogni nuova informazione come una spugna. Il solo fatto che poco prima avesse ammesso che le sue relazioni più significative fossero con le persone morte la diceva lunga su quanti aspetti della vita le fossero ancora sconosciuti. Guardando quel duro agente dell’FBI, si sorprese all’idea di quanto quell’uomo così apparentemente poco adatto al ruolo potesse insegnare alla sua amica.
    “Concedile il beneficio del dubbio” disse semplicemente, interrompendo la ridda di pensieri di Booth “sono certa che non te ne pentirai” e vedendo quel sorriso limpido e sincero allargarsi sul volto dell’agente seppe, senza ombra di dubbio, che Brennan sarebbe stata in buone mani.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 12:24
     
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  7. omelette73
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    Autore: Tangled
    Titolo: Elettricità statica
    Pairings: B&B
    Rating: PG-13 (per sicurezza)
    Disclaimer: i personaggi di Bones non mi appartengono

    Summary: “La dottoressa Brennan? Io sono l’agente speciale Seeley Booth” aveva risposto lui porgendole la mano.

    Note: Un grazie enormissimo alla mia sorellina che mi ha fatto da “alfa” per l’occasione =)... (si, lo so che si dice Beta, ma lei si chiama Anna e non ha voluto sentir ragioni!)

    Quella era stata decisamente una serata movimentata così dopo aver risposto a tutte le domande della polizia e aver ottenuto il permesso di andarsene, aveva deciso di recarsi in laboratorio invece che al suo appartamento.
    Accontentandosi della tenue illuminazione standard si diresse al piano superiore.
    Come immaginava il suo “drink” era ancora esattamente dove lo aveva poggiato prima di scappare a fermare quel pazzo assassino. Lo prese e si appoggiò alla balaustra che dava sulla piattaforma.
    Si respirava un’atmosfera strana.
    Temperance non avrebbe saputo dire se la cosa dipendeva dalla luce soffusa che rendeva l’ambiente quasi irreale o dall’insolita calma che vi regnava. Era abituata a vedere quel posto brulicante di persone indaffarate e, anche se le capitava spesso di restare in laboratorio ben oltre l’orario consueto, non si era mai fermata a godersi il silenzio. Quasi certamente il problema era che quando finalmente riprendeva il contatto con la realtà, la stanchezza che aveva accumulato sembrava riversarsi addosso a lei tutta d’un colpo e spesso era così sfinita che riusciva a fatica a guidare fino a casa.
    Allora, forse sono io a sentirmi diversa e a proiettare le mie sensazioni sull’ambiente esterno.
    Ma cosa le veniva in mente?!?? Lei detestava tutte quelle teorie pseudo scientifiche usate gli psicologi!
    Con un sospiro si portò il recipiente alla bocca e bevve un sorso. L’alcol le bruciò la gola proprio come era accaduto poche ore prima.
    Bleah... è davvero disgustoso!
    Ciò nonostante ne mandò giù un altro sorso prima di appoggiare il contenitore a terra accanto a sé.
    A dispetto dal sapore discutibile aveva davvero bisogno di un po’ di quel supporto...
    Dopo due mesi passati in Guatemala ad identificare le vittime di un genocidio non avrebbe dovuto sentirsi tanto turbata per un singolo omicidio. Eppure lo era.
    Booth le aveva dato ciò che voleva ovvero seguire ogni fase dell’indagine, solo che ora il problema era che non sapeva se sarebbe stato il caso di continuare.
    Tralasciando la falsa modestia, sapeva di essere dannatamente brava nel suo lavoro e indubbiamente una delle migliori del suo campo, ma quando si trattava di relazionarsi con le persone... beh, dire che era un disastro era farle un complimento e per lavorare sul campo avrebbe dovuto fare qualcosa per il suo carattere.
    Cosa le aveva detto Booth? Ah, sì...
    Ottenere informazioni dalle persone è molto diverso dal cavare indizi da una pila di ossa. Devi prima offrire qualcosa di tuo.
    Quello era decisamente un problema. Se c’era una cosa che aveva imparato presto era che non bisognava mai permettere a qualcuno di avvicinarsi troppo o quella persona avrebbe finito con il farti del male. Aveva quindici anni quando i suoi genitori erano spariti nel nulla e poco dopo se ne era andato persino suo fratello, abbandonandola a se stessa.
    Nonostante tutto lei era sopravvissuta, ma per farlo aveva dovuto costruirsi intorno una serie di mura di difesa spesse e resistenti. Protezioni che avevano iniziato a vacillare nel momento stesso in cui aveva incontrato lo sguardo di un certo agente speciale.
    Il loro primissimo incontro era stato a dir poco esplosivo.

    Di solito lei percepiva a malapena se l’agente che aveva di fronte era una donna o un uomo, ma quella volta... accidenti se se ne era accorta!
    Furiosa per essere stata interrotta durante un’importante analisi di uno scheletro di due secoli prima, si era diretta a passo di marcia verso il suo ufficio dove sapeva che avrebbe trovato l’ennesimo galletto dell’FBI che, come al solito, avrebbe preteso risposte senza poi prendersi neppure la briga di ascoltarle. Era già pronta ad aggredirlo perché stava rigirandosi in mano un teschio di settecento anni quando...
    Wow.
    Sul momento non le era venuto in mente niente di meglio. Quell’uomo godeva decisamente di ottima salute! Com’è che lo avrebbe definito Angela? Un bel bocconcino... Beh, e chi poteva darle torto?
    Spalle larghe, fianchi stretti, fondoschiena...
    Ok, forse era il caso di smettere di divagare. Si schiarì la voce rendendo nota la sua presenza e spingendo l’uomo a voltarsi.
    Doppio wow.
    Occhi caldi e sorriso assassino. Sì, quello era decisamente un maschio alfa con tutti gli attributi al posto giusto e, a giudicare dalla postura, era anche perfettamente conscio del suo fascino. Quell’ultimo particolare ebbe il potere di ridarle lucidità. Odiava quel tipo di uomini.
    “Mi stava cercando?” gli aveva chiesto andando dietro la scrivania e appoggiando il fascicolo che teneva in mano.
    “La dottoressa Brennan? Io sono l’agente speciale Seeley Booth” aveva risposto lui porgendole la mano.
    Seeley Booth... Sì, aveva già sentito quel nome: all’FBI dicevano che era uno dei loro migliori agenti. Un uomo tutto verità e giustizia.
    Ignorando la mano che le porgeva si era rivolta a lui “Cosa la porta qui?”
    Aveva visto balenare nei suoi occhi una punta di sorpresa seguita da un’emozione che non aveva saputo identificare che era scomparsa in un attimo. Lui aveva ritratto il braccio e le aveva porto un incartamento che lei aveva analizzato velocemente per poi visionare le lastre.
    “Trauma cranico dovuto ad un corpo contundente, a giudicare dalle ferite direi una spranga o comunque un oggetto simile...” aveva affermato prima di domandargli “Quanto era alta?”
    “1.64, perché?”
    “Dall’inclinazione delle fratture e dalla loro profondità si evince che l’aggressore era alto circa 1.85, probabilmente mancino, un uomo a giudicare dalla forza utilizzata”
    “E lei avrebbe dedotto tutto questo da... quelle?” le aveva chiesto senza fare alcuno sforzo per mascherare la sua palese incredulità.
    “Il mio lavoro si basa su criteri scientifici e questo è ciò che dicono quelle ossa” aveva replicato irritata “ora se vuole scusarmi ho del lavoro da fare” aveva aggiunto congedandolo bruscamente.
    “Già che ci siamo non è che ci legge anche l’indirizzo dell’assassino? ”
    Con quella stupida frecciata si era meritato uno sguardo di ghiaccio.
    “Se è capace di fare il suo lavoro, allora lo scoprirà lei” aveva ribattuto lapidaria.
    A quelle parole lui si era alzato bruscamente facendo un paio di passi verso la porta.
    “Agente Booth...” lo aveva richiamato lei spingendolo a voltarsi “Io cercherei tra le conoscenze della vittima...” aveva terminato porgendogli il fascicolo che lui stava dimenticando.
    “Per quale motivo?”
    “Sul rapporto c’è scritto che l’aggressione è avvenuta in casa e che presumibilmente è stata la vittima stessa ad aprire la porta al suo assassino dato che sono state cancellate le impronte dal campanello... Beh, non so lei, ma io non volterei mai le spalle ad una persona a meno di non sentirmi sicura.”
    Per tutta risposta lui aveva fatto una smorfia incredula e poi aveva allungato il braccio per prendere la cartella che lei gli porgeva.
    Triplo ‘wow’.
    Una scintilla. Ecco cosa aveva provato quando le loro mani si erano sfiorate per sbaglio.
    Aveva visto le sue pupille dilatarsi leggermente prima che lui si voltasse uscendo dal suo ufficio.
    Non avrebbe potuto giurarci, ma aveva avuto l’impressione di sentirlo borbottare un “mai più” mentre se ne andava.
    Dal canto suo lei si era limitata a catalogare quella scintilla come un fenomeno di elettricità statica e così si era rimessa subito al lavoro. Sulla piattaforma aveva trovato il suo assistente.
    “Nel caso si rifacesse vivo un certo agente speciale Seeley Booth tu di che non ci sono. Mai.”
    Zack aveva annuito senza chiedere spiegazioni.

    Invece lui era tornato a chiedere il suo aiuto offrendole in cambio tutto ciò che aveva sempre desiderato.
    Era stato magnifico partecipare a tutte le fasi dell’indagine, l’aveva gratificata moltissimo e poi doveva ammettere che, nonostante i bisticci, erano un’accoppiata decisamente vincente, proprio come dimostrava la loro brillante risoluzione del caso.
    Ora toccava a lei decidere se voleva che la loro partnership continuasse.
    Non aveva mai dato molto peso a quello che molti chiamavano istinto, ma in quella particolare situazione aveva percepito nettamente che se avesse accettato di lavorare con lui sarebbe accaduto qualcosa. Prima o poi.
    Lo diceva quella scintilla che aveva sentito precedentemente e lo diceva l’episodio del poligono di due giorni prima.
    In quella particolare occasione non si erano nemmeno sfiorati eppure lei aveva sentito distintamente l’aria crepitare intorno a loro mentre discutevano mantenendo appena la distanza di un respiro. Così come non le era sfuggito il modo in cui lui si era umettato le labbra ne l’insistenza con cui il suo sguardo era caduto sulle sue labbra.
    Ma non si trattava solo di attrazione sessuale. No, quella era perfettamente in grado di gestirla, in fondo se sentiva quel tipo di necessità biologica, sapeva di poter contare su un paio di partner.
    Il problema era che quell’uomo non si sarebbe fermato alla superficie, lo aveva già dimostrato con quell’accenno alla sua famiglia quando le aveva mostrato il mandato di perquisizione. Booth avrebbe indagato fino in fondo, il problema era che lei era così abituata ad indossare una maschera da non sapere più come sarebbe apparsa senza.
    Lavorare stabilmente con lui avrebbe comportato il mettersi nuovamente in gioco e la necessità di tornare a fidarsi di qualcuno.
    Coma aveva detto ad Angela pochi giorni prima... Le mie relazioni più significative sono con persone morte.
    L’aveva pensata come una battuta, ma solo dopo averla pronunciata si era accorta di quanto fossero vere quelle parole.
    Sì, doveva decisamente fare qualcosa per il suo carattere. Angela le aveva consigliato di aprirsi, di sforzarsi di dire a qualcuno anche quelle cose che istintivamente sentiva di voler tenere per sé.
    Guardò l’orologio e vide che segnava le quattro. Con un sospiro si staccò dal parapetto.
    Era decisamente ora di tornare a casa. Salvo imprevisti sarebbe riuscita a dormire qualche ora prima del funerale di Cleo.
    Aveva bisogno di energie visto la difficile conversazione che avrebbe dovuto affrontare poche ore più tardi. Un discorso che riguardava la famiglia e che avrebbe dovuto sostenere con il suo partner.
    Così si avviò per le scale che l’avrebbero ricondotta al piano terra e poi all’uscita.
    Una persona attenta avrebbe potuto udire distintamente il clack che era risuonato nell’aria nel momento in cui lei aveva preso la sua decisione: il rumore di un treno in corsa che cambiava improvvisamente binario. Era il suo destino.
    E mentre lei tornava a casa ignara la strana atmosfera che aveva permeato quella notte si dissolveva.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 19:57
     
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    Ecco fatto, tutte le ff in gara per il primo round del BST sono online.
    Avete una settimana di tempo circa per leggerle tutte e votare la vostra preferita sul sondaggio che sul sito.

    VOTA LA ONESHOT DELLA SETTIMANA



    Come vedete, non sono riportate le autrici, e questo, ve lo spiego molto serenamente, è solo per non influenzare il vostro giudizio nellla lettura o nel voto.
    Una volta chee le votazioni saranno chiuse, ogni autrice sarà giustamente creditata come merita, ovviamente ^_^

    Grazie a coloro che si sono cimentate a scrivere, grazie a tutti voi che avrete la voglia e la pazienza di leggere e di votare...
    Bando alle ciance, spazio ai vostri commenti ;)

    Edited by xhio - 16/6/2009, 01:01
     
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  9. omelette73
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    Tutte bellissime... davvero.
    Sarà veramente difficile votare!

    Piccolo messaggio per le autrici: rileggete la vostra FF e fatemi sapere se, in fase di pubblicazione, ci fosse sfuggito qualche corsivo o qualche sottolineatura che potevate aver indicato del file originale.
    Da regolamento non siamo autorizzate a modificare il corpo del testo, parole o frasi, ma se ci fosse scappato qualcosa del layout che avevate già indicato nell'originale, a quello possiamo porre rimedio.
     
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    3 PhDs Squint

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    E anche io le ho lette :D
    Complimenti :clap: mi mettete di fronte a un'ardua scelta :uhm: :lol:
     
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  11. Chemistry
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    Ma quante belle storie.. Brave tutte ragazze!! :clap:
     
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  12. martina047
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    Tutte bravissime le nostre scrittrici... :clap:
     
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    Squintern

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    Le ho lette tutte anche io e sono davvero molto carine,come si fa a sceglierne solo una?
     
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  14. FrancyBB
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    Complimenti a tutte davvero!!! Sono tutte delle bellissime storie!
     
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  15. mary1983
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    :clap: :clap: :clap: :clap: :clap: :clap: :clap:
    un applauso a tutte le scrittrici... tutte veramente brave!!!!!!
    sono tutte belle queste storie... sarà dura votarne solo una!!!!!!!!!!
     
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23 replies since 9/6/2009, 00:51   1502 views
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