BST Round 2: 1x07

Condannato a morte

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. omelette73
        Like  
     
    .

    User deleted


    Autore: Chemistry
    Titolo: La giusta pena
    Pairing: Booth.. con un pizzico di B&B.
    Rating: per tutti
    Summary: ‘Non sono come lei. Lei è un cecchino.’
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.

    LA GIUSTA PENA

    Non sono come lei. Lei è un cecchino.”

    Era già pronto ad appendere la cornetta. Le parole di Epps lo avevano provocato.
    Non lo considerava innocente, aveva seguito il caso, il processo, le prove... il suo istinto. Di quello si fidava. Gli bastava guardare quel bastardo negli occhi per capire che c’era l’inferno nella sua mente, ma quando udì il terrore nella sua voce nel descrivere la sua, ormai prossima, esecuzione si bloccò. Qualcosa scattò in Booth. Stava recitando la parte dell’innocente? Sicuramente sì. Stava recitando la paura di morire? Sicuramente no.

    L’insinuazione del dubbio del suo avvocato e quelle ultime parole avevano spinto i tasti giusti dentro di lui.
    Voleva davvero che quell’uomo morisse senza aver chiarito ogni incerta lacuna.

    La sua vita era nelle sue mani, come lo erano state le vite delle persone che aveva giustiziato nel suo passato. Lo aveva fatto per la sua Nazione, per inseguire la giustizia e per quello che pareva essere giusto.
    Ma era davvero equo riservare la morte a degli assassini per rendere giustizia?
    Le vittime di quegli assassini avrebbero riposato davvero in pace dopo che gli individui che gli avevano tolto loro la vita fossero finiti sotto terra?
    Cosa era giusto? Cosa era sbagliato?

    Lui credeva nella giustizia, credeva nel suo paese, credeva nel senso del dovere e nel suo lavoro ma, sopra ogni cosa, credeva fermamente nel valore di una vita.
    Aveva visto occhi spegnersi, mogli accasciarsi a terra urlando e piangendo, figli restare ipnotizzati di fronte a terribili scenari. E, ogni volta, dentro di lui una piccola parte moriva insieme a quelle famiglie.

    Riaprire questo caso, riviverlo e rivalutarlo era come affondare un pugnale in ferite che ancora sanguinavano. Scavava a fondo e il dolore era lancinante.

    Si era ripromesso, dopo il suo periodo da cecchino, che avrebbe riconsegnato alla giustizia altrettanti assassini per quante vite aveva preso lui. Lo aveva confessato a Bones. Solo a Bones.

    Ora si ritrovava a dover capire se uno di quegli assassini meritasse davvero la sua sorte già scritta e firmata. Doveva fare fede alla promessa fatta a se stesso e quello era il caso in cui doveva mettere da parte ogni sua convinzione per lasciare spazio ai dubbi.
    Non poteva permettersi che un eventuale innocente scontasse quella pena ingiustamente, non voleva aggiungere un’altra ferita dentro di sé nella quale spingere quel pugnale.

    Nonostante il suo istinto gli urlasse a chiare lettere che aveva ragione, che Epps era colpevole, doveva fare luce sulle mancanze del caso.

    Bones gli aveva chiesto se aiutarlo a scoprire una prova per fermare l’esecuzione fosse un favore personale. Lo era, di sicuro. Se avesse scoperto di essersi sbagliato troppo tardi avrebbe faticato ancora di più a guardarsi dentro. Un altro fantasma a tormentare i suoi incubi, già affollati, era troppo.

    Lei e gli squints si erano subito resi disponibili e messi al lavoro, con professionalità per non sbagliare nulla, con accuratezza per non tralasciare nessun dettaglio. Lui li osservava ammirato e cercava di capire in mezzo a quei paroloni se ci potesse essere qualcosa d’aiuto.

    Le pressioni esterne non lo favorivano in quella situazione già così difficile. La famiglia della vittima sopra tutte.

    “Epps ha ucciso mia figlia. Lei ne è convinto agente Booth?”
    “Sì Signora. E non ho mai cambiato idea.”
    “E merita di morire per quello che ha fatto.”


    Il peso di dover dire, guardando negli occhi quella madre che pensava finalmente di rendere giustizia alla figlia, che avevano iniziato ad indagare su nuove prove era difficile, ma lo sarebbe stato di più dire che avrebbero dovuto riesumare le spoglie per verificare quei nuovi elementi.

    Credeva che avrebbe risolto tutto in poco tempo ma quel caso si stava rivelando più intricato di quanto pensasse. Però doveva proseguire, a rischio di essere sospeso da Cullen per aver indagato ufficiosamente su un caso chiuso sette anni prima.

    Anche gli occhi di Bones lo scrutavano e gli chiedevano cosa stesse provando e pensando. Era come se nessuno lo riconoscesse e forse non si riconosceva nemmeno lui.

    “Non avrai davvero cambiato idea.”
    “No. Non credo che Epps debba essere giustiziato... ma...”


    Cosa era giusto? Cosa era sbagliato?
    Aveva un dubbio e in certi casi di dubbi non ce ne dovevano essere. Era quello che aveva detto al giudice, che chiaramente aveva fatto capire che tutti gli argomenti portati alla sua attenzione non erano sufficienti per fermare l’esecuzione.

    “Lo sentiamo tutti il peso di una condanna capitale, ma la legge è chiara. A meno che non emerga una prova di grande inadempienza o una chiara negazione di quanto rivelato e messo agli atti o nuovi fatti rilevanti e comprovati io ho le mani legate.”

    Tutto quel che avevano scoperto non era sufficiente, ancora dubbi e incertezze. C’era ancora solo il caso che non fosse colpevole. Stava quasi decidendo di lasciar perdere tutto ma, incitato dalla decisione di Bones di continuare a cercare, continuò anche lui in quella missione.

    Mancavano ormai poche ore all’esecuzione e quando finalmente trovarono le prove per fermare la pena capitale comprese che non si era sbagliato, né sette anni prima né ora.

    Epps era colpevole.
    Della morte della povera April e di altre donne. Un serial killer in piena regola che provava gusto nel rubare l’esistenza a delle povere e giovani ragazze. Meritava di trovarsi dov’era ma alla luce di quella nuova scoperta un’altra difficile decisione gli ricadde addosso.

    Se non avesse chiamato in tempo avrebbe evitato la revoca del giudice ed Epps avrebbe avuto quello che la giustizia aveva deciso che meritasse.
    Cosa era giusto? Cosa era sbagliato?

    Il desiderio di lasciar scorrere quell’ultima mezz’ora senza digitare il numero di telefono era enorme. Li aveva presi tutti in giro, ma questo era niente in confronto alle atrocità che aveva riservato alle sue vittime.

    “Queste donne meritano di essere ascoltate. È il nostro lavoro Booth, il resto...”
    “Sta agli avvocati.”


    E ancora una volta lei gli ricordò la motivazione giusta. Quella che gli aveva sempre fatto prendere le decisioni della sua vita, per quanto potessero essere giuste o sbagliate. Il suo senso del dovere. Il suo lavoro.

    Fissando la sua partner digitò quel numero.

    Rivedere quel bastardo e sentirlo ringraziare per avergli permesso di continuare a vivere gli scatenava un moto d’ira dentro. Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma sapeva che doveva evitarlo. La sua situazione con Cullen era già abbastanza compromessa per colpa di quel verme.
    Tuttavia, lo sguardo che quel pazzo riservava alla sua partner lo turbava. Non voleva che la guardasse in nessun modo, ma soprattutto con quella brama e quando vide che la sua mano si allungava sul tavolo per toccare quella di lei non esitò un attimo a raggiungere la pistola nella sua fondina.
    Gli avrebbe sparato se lei non avesse agito prima, rompendogli il polso.

    Durante quel week-end non c’era stato assolutamente niente di rilassante o divertente. Anzi, era stato estenuante e aveva lasciato un senso di vuoto ad entrambi. Sui loro volti non sembrava esserci traccia di un sorriso all’orizzonte e neppure le battute di Sid sembravano risollevarli.

    “Era colpevole, è sempre stato colpevole.”
    “Solo che c’era un dubbio e noi siamo tutti obbligati a rispettare quei dubbi. La morte di un essere umano riguarda sempre tutti.”
    “Molto poetico.”
    “No. Molto reale. Abbiamo lo stesso DNA. Quando io guardo un osso non è mai un elemento qualunque che posso scindere da me stessa, fa parte di una persona che era qui, come ci sono io ora. Non è così semplice sottrarre la vita a qualcuno. Non importa a chi appartenga.”


    No. Non era semplice sottrarre la vita a qualcuno e lui lo sapeva bene. Lottare per togliersi quei dubbi era stata la scelta giusta, avevano trovato altri due corpi che probabilmente presto avrebbero avuto un nome ed una foto accanto e una famiglia che, nonostante il lutto, avrebbe smesso di cercare.

    Bones aveva ragione e quando disse quelle parole sul suo volto apparve finalmente un sorriso dopo tante ore di amarezza. Lei lo aveva aiutato, come nessuno avrebbe fatto mai. Lei gli aveva fatto capire più di una volta in quei due giorni quali decisioni spettassero a loro e quali ad altri, cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato.
    Con quel sorriso la ringraziò. Per essere lei, la sua partner.

    Iniziarono a mangiare le pietanze che Sid aveva scelto per loro e, dopo un breve silenzio, Booth si voltò verso di lei e domandò “E tu Bones?”

    “Io cosa?” chiese lei guardandolo confusa.

    “Cosa fai tu nei fine settimana?” disse sorridendole, sentendo che la tensione di quei giorni iniziava lentamente a defluire.

    Lei esitò un momento prima di rispondere “Beh, io... di solito leggo o... mi occupo di qualche caso del limbo...”

    “No, Bones. È sbagliato. Nei fine settimana dovresti divertirti, staccare la spina dal tuo lavoro, svagarti.” replicò lui.

    “E chi dice che è sbagliato? Ogni individuo ha una personale concezione di cosa è rilassante e cosa invece no. Per me fare quelle cose è rilassante e appagante.” si giustificò lei.

    “Certo, ma credo tu abbia bisogno di qualche altra attività per capire se quello che fai è davvero rilassante. Sai, per avere un termine di paragone.” azzardò lui. “Facciamo così, il prossimo fine settimana faremo qualcosa insieme e poi mi dirai.”

    Lei lo guardò scettica per un momento. Non sapeva cosa aspettarsi, ma le sfide la esaltavano e la facevano sentire viva, quindi accettò. Il fine settimana successivo sarebbe stata pronta a capire se c’era qualcosa che si stava perdendo ed era certa che sarebbe stato più piacevole di quello appena trascorso.
    Si guardarono per un lungo istante sorridendo e tornarono ai loro piatti.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 20:42
     
    .
11 replies since 22/6/2009, 08:08   579 views
  Share  
.