BST Round 4: 1x14

Scomparsi

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. omelette73
        Like  
     
    .

    User deleted


    Autore: Cris.Tag
    Titolo : pensieri notturni
    Pairings : B&B + Jesse Kane
    Rating: NC13 per sicurezza
    Summary: Kane ha convinto Brennan a cercare la verità sulla scomparsa dei suoi genitori.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa oneshot non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.

    Pensieri notturni

    Gli occhi erano spalancati verso il soffitto.
    L’orologio digitale segnava le 3.48 del mattino e lei aveva già visto scorrere diversi numeri riflessi sopra di sé.
    Non riusciva a dormire, stava ripensando agli ultimi giorni, cercando di dare una logica a tutto quello che era accaduto.

    Lei e Zack erano andati sul luogo di un disastro aereo, era qualche tempo che non vedeva il suo collega, non gli era mancato affatto, nonostante quello che lui si ostinava a dire. Il suo assistente si era mostrato più a disagio di lei.
    Ripensò al loro scambio di battute quando l’aveva chiamato per informarlo del ritrovamento dei tre frammenti, estranei all’incidente. Sorrise.
    “La prossima volta che ti manco, Bones, prendi in mano il telefono e chiamami. Pranziamo o altro.”
    “Booth non mi sei mancato.”
    “Forza. Dillo!”
    “Non mi sei mancato!”
    “No, non è vero.”
    “D’accordo, Booth. Offrimi la cena.”
    “Cosa? Stai dicendo che ti sono mancato?”
    L’aveva seguita nel corridoio con un sorriso stampato sulle labbra, la discussione non era ancora finita. Era sicura che Booth potesse capire dal suo modo di camminare dentro a quel camice blu che lei la considerava una sfida personale.
    “No, ti sto solo chiedendo di portarmi fuori a cena.”
    “Questo è diverso.”
    “Adesso ti stai tirando indietro!”
    “Non mi sto tirando indietro.”
    “Scommetto che non hai il coraggio di invitarmi.”
    “Sono un agente dell’Fbi, so cosa vuol dire avere coraggio.” Si fermò sulla soglia del suo ufficio e si girò all’improvviso. Se lo sentì arrivare addosso con tutto il suo corpo, poi lo vide fare un passo indietro per ristabilire la giusta distanza.
    “Già, ma non ce l’hai per dirmi che anche io ti sono mancata.”
    “Non mi sei mancata.”
    “Sì invece.”
    “Non è vero.”

    Poi era arrivato Jesse Kane con la sua scatola pieno di informazioni sulla scomparsa del padre.
    Si era sentita fragile in quel momento ed era stato facile mostrargli poi tutto ciò che aveva sulla scomparsa dei suoi genitori. Un misero e spoglio fascicolo fatto di fotocopie di verbali.
    Praticamente niente, aveva detto Kane.
    “Dottoressa Brennan, lei è una di noi.”
    E da allora non aveva smesso di pensare.
    C’era davvero qualcuno in grado di aiutarla?
    Voleva sapere veramente che fine avevano fatto i suoi genitori?
    Stava per chiedere a Kane cosa ci facesse ancora lì, visto che non era sua abitudine parlare di indagini ancora in corso, quando involontariamente si rese conto di essere finita in mezzo alla disputa di due maschi alpha per il controllo del territorio, perché quando si riebbe dai suoi pensieri, Kane e Booth si stavano studiano, mostrando il petto gonfio. Non le piaceva affatto essere estromessa così.
    Si mise ad osservarli incuriosita. Era sicura che sarebbero loro spuntate le piume.
    “Che ne direbbe se la invitassi a cena, dottoressa Brennan? Magari domani sera, così mi potrà ragguagliare sugli ultimi risultati.”
    “La dottoressa Brennan ha già un impegno per domani.” Booth pronunciò quella frase a denti stretti.
    “E con chi avrei un impegno, Booth?”
    “Hai vinto una cena con me, non ricordi?”
    Due vittoriosi occhi color ghiaccio si fissarono nei suoi, increduli e caldi come il caffè.
    Non si era sentita intimorita da quello scontro fatto di occhiate furtive e decise di prendere in mano la situazione, stupendo i suoi osservatori “Perfetto Booth, passa per le otto a prendermi. E lei, Kane, le farò sapere i risultati delle mie analisi non appena potrò.”

    Prima di uscire indicò loro la scatola contenente gli ultimi cinque anni di indagini su suo padre e rimarcò il fatto che c’era anche il suo numero di telefono.
    Booth sentì un nodo alla gola.
    Le aveva davvero offerto una cena? E allora perché quel tizio se ne stava ancora impalato di fronte a loro? Per di più le aveva lasciato il suo numero di telefono.

    Doveva essere impazzito nel momento in cui si era proposto di portarla fuori a cena.
    Non riusciva nemmeno a farsi il nodo della cravatta per l’agitazione.
    Si trattava solo una cena di lavoro, lei non gli era mancata affatto.
    Non riusciva più a sopportare tutti i commenti dei suoi colleghi ogni volta che lei entrava nel suo ufficio. Quelle risatine strane, gli sguardi di traverso … lavorava con dei bambini dell’asilo per caso?
    Erano colleghi.
    Col-le-ghi.
    E basta.
    E sapeva come resistere al suo fascino.
    In fin dei conti era un Booth, per diamine! Era lei quella che sarebbe dovuta cadere ai suoi piedi!
    Vide la propria immagine riflessa nello specchio scuotere la testa.
    Abbandonò la cravatta e optò per un abbigliamento più casual. Un’occhiata veloce all’orologio e si accorse di essere in ritardo.
    Meno male che non doveva portarle dei fiori! Ci avrebbe messo una vita a sceglierli.
    Nel traffico della sera si chiese come si sarebbe dovuto comportare. Di cosa avrebbero parlato?
    Lei era cosciente che i suoi discorsi erano un tantino raccapriccianti a volte?
    Beh, in compenso il suo corpo non lo era affatto.
    Si diede dello stupido, che diavolo gli stava saltando in mente? Ricacciò in gola quel pensiero e lo sentì arrivare fin nel suo basso ventre. Abbassò il finestrino per respirare l’aria fresca della sera.
    “Booth, sei in ritardo.”
    Le prime parole che le sentì pronunciare furono decisamente dette con fastidio, accompagnate subito dopo dal rumore della portiera sbattuta con forza.
    “Buonasera anche a te, Bones.”
    “Umh sì … ciao. Però sei in ritardo.”
    “Beh … sai … bel vestito.”
    Non aveva mai pensato a lei fuori dal lavoro. Ma questa sera non poteva fare a meno di pensare come fosse fra le lenzuola, se la sua pelle fosse veramente così bianca come appariva da lontano. Forse era solo per l’imbarazzo della situazione o forse solo il vestito rosso che indossava.
    Era la più distante, la più sconcertante fra i colleghi che avesse mai avuto, eppure questa sera non poteva fare a meno di pensare che averla accanto lo faceva stare bene.
    “Dove mi porti?”
    Smise di vagare con la mente. “Questa sera si mangia italiano Bones.”
    “Ottima scelta.”

    Non era andata poi così male la cena.
    Lei aveva decantato la prelibatezza dei piatti, lui si era divertito a sentirla parlare, entrambi indifferenti agli sguardi delle persone che stavano seduti nei tavoli accanto al loro.
    Niente sfide per l’occasione.
    Erano confusi per le sensazioni piacevoli che stavano provando.
    C’era altro oltre alla porta del Jeffersonian, oltre ai resti da ricomporre e da catalogare.
    Come se ci fosse ancora vita per tutte le vittime, disse lui.
    Su questo erano stranamente d’accordo.
    Non voleva più vivere il dolore da sola, si era resa conto che aveva bisogno di qualcuno con cui condividerlo.
    Lei era bellissima nel suo abito rosso, lui orgoglioso di starle accanto.

    Si risvegliò all’improvviso, l’orologio segnava le 5.13 di mattina.
    Non si era nemmeno accorta di essersi addormentata.
    La pioggia leggera stava bagnando le finestre della sua camera.
    Ringraziò il fatto di essere a letto, avvolta nel tepore della sua casa.
    Vide i vestiti sparsi per terra, inconsapevoli testimoni delle scintille che si erano create.
    Poi riprese a pensare a quello che era accaduto.
    Kane non capiva perché lei avesse smesso di cercare. Non ci aveva mai veramente pensato fino a quando non l’aveva incontrato.
    Preferiva affidarsi ad un vecchio detto zen, se vuoi trovare qualcosa devi smettere di cercare.
    Lei aveva smesso di cercare e aveva trovato quello di cui aveva bisogno per quella sera.
    Forse qualcuna in più, sperò
    Qualcuno che cercasse con lei.
    Nascose il suo sorriso soddisfatto sotto le lenzuola che odoravano di lui.
    Si girò su un fianco e si accorse che la stava osservando.
    “Perché non dormi?” Si mise comoda in attesa di una risposta.
    “Stavo pensando ad una cosa.” Allungò una mano in direzione del suo braccio nudo che stava fuori dalle lenzuola.
    “Cosa?”
    “Sono orgoglioso che tu mi abbia chiesto di guardare il file sui tuoi genitori, Bones.”
    “Sono orgogliosa che tu abbia accettato, Booth.”
    Agganciò le labbra con le sue e decise che era giunto il momento di nuove scintille.

    Edited by omelette73 - 13/7/2009, 09:21
     
    .
15 replies since 6/7/2009, 08:36   818 views
  Share  
.