BST Round 6: 1x21

Il reduce sulla tomba

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. omelette73
        Like  
     
    .

    User deleted


    Autore: Chemistry
    Titolo: Un peso importante
    Pairing: B&B.
    Rating: per tutti
    Summary: Si domandò come sarebbero andate le cose se lei ci fosse stata dopo il suo rientro. Se fosse stata lei la persona al suo fianco in quel percorso.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.

    UN PESO IMPORTANTE

    Sparo.
    Sangue.
    Respira.

    Respira forte.

    Booth aprì gli occhi di colpo ritrovandosi nel suo letto, inzuppato di sudore.
    Un incubo. Lo stesso incubo. Era qualche tempo però che non ne faceva e, ripensando al caso che li aveva coinvolti, capì che quegli ultimi giorni erano stati stremanti per lui a livello psicologico. Volente o nolente si era dovuto confrontare con i suoi ricordi e aveva rivissuto nella sua mente le sue angosce.
    Quel caso gli aveva fatto pulsare di più quella ferita aperta. Nulla avrebbe mai cancellato le memorie dei suoi trascorsi in guerra, dei suoi giorni da cecchino.
    Servire il suo Paese era davvero una ragione tanto nobile per giustificare le cose che aveva fatto? Amava il suo Paese e ci credeva fermamente, ma allo stesso modo amava la vita. Toglierla a qualcuno significava portar via un pezzettino di vita anche a coloro che amavano quella persona. Non si spezzava solo una vita quando qualcuno moriva.
    Lo aveva detto a Bones quel pomeriggio, quando erano nel cimitero, quando il dolore era diventato talmente lancinante da non riuscire più a trattenerlo.
    Si era aperto a lei. Lo aveva fatto, anche se in parte, e sentì che un giorno sarebbe arrivato a parlarle di tutte le altre cose che lo opprimevano. Un giorno. A lei.

    Pensò a Jimmy e a come apparisse fragile in quella clinica. Booth sapeva quanto fosse duro il rientro alla vita normale. Quando tutto quello che è normale sembra non esserlo più. Quando tutto quello che gli occhi vedono ovunque è sangue. Quando tutto quello che le orecchie sentono sono esplosioni. Quando tutto quello che il naso avverte è l’odore di polvere da sparo, anche dove non ce n’é.
    Il resto del mondo non capisce quello che si prova. Vedono rientrare il loro caro e lo festeggiano, sono felici che sia ancora vivo, sono sereni di vederlo ancora tra loro e pensano che anche lui lo sia. Ma a volte, si torna e si pensa che si sarebbe voluto restare là, si torna e si pensa che in realtà non ci sia nulla da festeggiare.
    Non tutti capiscono che certe esperienze cambiano profondamente l’anima e il carattere di una persona.

    Booth ripensò a quando lui era tornato. Era stata dura, aveva avuto un periodo di sospensione dal mondo reale. A volte gli pareva di essere in trance. Aveva cercato di stare il più possibile con i suoi ex compagni. Con loro era tutto più semplice, tra loro si capivano. Nessuna domanda. Solo sguardi carichi di pensieri e ricordi che condividevano lo stesso dolore. Per ognuno il riadattarsi richiedeva un periodo diverso, qualcuno riusciva a mettere subito tutto da parte, altri ci impiegavano più tempo, alcuni non ci riuscivano mai.

    Per Booth la soluzione fu, più o meno, nel mezzo.
    Ci mise poco tempo a rientrare nella società, e poco ce ne mise per entrare nella ragnatela viziosa del gioco d’azzardo. Diventò la sua valvola di sfogo e, come per una droga, se ne ritrovò completamente dipendente. Quando si rese conto che il problema era ormai diventato ingestibile il percorso per tornare alla vita di tutti i giorni diventò più lungo, duro e doloroso.

    Booth si girò nel letto e si passò una mano sul braccio dove, poco prima, la sua partner l’aveva accarezzato. Dove lei, con la sua poca capacità empatica, aveva riposto mille parole di consolazione. E lui le aveva udite tutte, ogni singola delicatezza gli era entrata dentro e lo aveva alleviato un po’ di quel fardello.
    Si domandò come sarebbero andate le cose se lei ci fosse stata dopo il suo rientro. Se fosse stata lei la persona al suo fianco in quel percorso.

    Forse sarebbe stato più difficile.
    Lo avrebbe fatto impazzire di più con le sue tirate antropologiche sui comportamenti dell’uomo e sulle dinamiche delle guerre. Gli avrebbe fatto domande a cui non avrebbe voluto e potuto dare risposte. Magari lo avrebbe ferito con qualche sua affermazione. Lo avrebbe fatto uscire di testa volendo avere sempre l’ultima parola, perché a lei piaceva. E forse, per la rabbia, l’avrebbe presa in braccio con impeto e l’avrebbe buttata sul letto per sfogare quella frustrazione, rendendosi conto subito che sarebbe stato un errore farlo così. L’avrebbe allontanata da sé per paura di distruggere quel sentimento che li legava, per paura di contaminarla con il suo senso di colpevolezza. E, allontanandola, quel sentimento si sarebbe inevitabilmente distrutto.

    O forse sarebbe stato più facile.
    Lo avrebbe guardato con i suoi occhi chiari trasmettendogli la sua comprensione. Lo avrebbe aiutato con il suo cuore grande, quello che lui sapeva che lei possedeva. Quello che lui riusciva a vedere dietro a quell’apparenza fredda, clinica e distaccata. Si sarebbe accucciato nella serenità che lei gli trasmetteva e avrebbe sfogato le sue paure e le sue inquietudini nel rassicurante abbraccio della sua presenza.
    E lentamente la purezza e l’innocenza del loro rapporto lo avrebbe guarito e gli avrebbe ridato speranza.
    E l’aprirsi a lei così completamente li avrebbe portati ad amarsi, a fare l’amore dolcemente dopo un pianto, sopprimendo la pena con l’intensità di quell’emozione.

    Booth guardò il soffitto della sua camera da letto e si ritrovò a pensare che probabilmente sarebbe stato un misto di entrambe le eventualità. Razionalità e cuore. Quello era la sua partner e in entrambi i casi se l’avesse avuta al suo fianco il suo riadattamento sarebbe andato sicuramente meglio.

    Solo ultimamente aveva cominciato a capire quanto intensa lei fosse e quanto profondo il loro rapporto sarebbe potuto diventare in futuro.
    Ringraziò Dio per avergli fatto quel regalo, per averla accanto a sé. Lei, che a lui teneva davvero. Tanto da sperare di avere il suo appoggio nelle decisioni che prendeva. Tanto da non credere in qualcosa fermamente ma accettarla e farsela bastare solo perché lui ci credeva.
    Lei che voleva far parte della sua vita, che scavava nel suo profondo con gli occhi per sapere di più di lui, ma che per riservatezza e comprensione non chiedeva.

    Ripensò alla risposta che lei gli aveva dato quel giorno dopo che lui le aveva detto che gli adulti facevano domande ai reduci di guerra come se volessero raccontate le scene di un film. Lei aveva replicato che lo facevano perché sentire parlare qualcuno che era sopravvissuto avrebbe fatto sembrare loro la guerra meno cattiva. Booth era certo che se lei gli avesse mai fatto domande, sarebbero state solo per cercare di capirlo meglio, per riuscire a connettersi ancora di più con lui. Per sentirlo più vicino a sé e per poterlo aiutare ad affrontare quegli incubi. Incubi che lei conosceva bene grazie al suo lavoro. Troppe vittime aveva dovuto identificare in fosse comuni, in sterminii di guerra e in inferni simili a quelli.
    Lei era l’unica che poteva riuscire a capirlo, era l’unica che non l’avrebbe giudicato.

    Voltò la testa per guardare l’ora sulla sveglia. Non era troppo tardi per soddisfare il bisogno che aveva appena sentito, urgente, dentro di sé. Voleva chiamarla. Voleva vederla. Voleva stare con lei. Per riempirsi gli occhi dei suoi morbidi lineamenti. Per prenderla in giro, scherzare e ridere insieme. Per sfidarla e farsi sfidare. Per seppellire quel senso di vuoto e rimpiazzarlo con ricordi di gioia.

    Prese il telefono e la chiamò.

    “Bones... scusa per l’ora... mi chiedevo se ti andasse una birra?”, domandò sperando di non averla svegliata o disturbata.

    “Uhm... sì, perché no? Anzi, stavo per stapparne una proprio adesso. Se vuoi passa da me.”

    “Ti ho letto nel pensiero allora.”, replicò ridendo.

    “Booth è impossibile leggere nel pensiero di un’altra persona, oltretutto a dieci chilometri di distanza.”, puntualizzò Temperance come era solita fare.

    “Non ne sarei così certo, anzi credo di aver capito qual è il tuo peso...”

    “Booth, ti ho già avvisato oggi riguardo a questa cosa...”, disse lei con un tono di minaccia nella voce, prima di venire interrotta.

    “Venti minuti e son lì.”

    Quando la breve conversazione terminò si affrettò nella doccia, per rinfrescarsi e lavare via quel senso di pesantezza che l’incubo e i pensieri gli avevano lasciato addosso. Voleva fare spazio alla leggerezza per quella sera.

    Dopo mezz’ora si trovava già sul divano dell’appartamento della sua partner a chiacchierare.
    Presero entrambi un sorso di birra.

    “Ti ho disturbata per caso?”, domandò.

    “No, affatto. Stavo per mettermi a scrivere un capitolo del mio libro. Sono quasi alla fine e poi consegnerò il manoscritto alla mia agente.”

    “Me lo farai leggere?”, chiese lui speranzoso e con il suo miglior sorriso.

    “Certo...”

    Lui sgranò gli occhi per la sorpresa di quella risposta, ma quell’espressione non durò a lungo.

    “...non appena sarà pubblicato.”, terminò la frase con un sorriso. “Sai scrivere mi aiuta in casi come questi, è stata una settimana pesante.”, disse guardandolo negli occhi.

    “Già...”, replicò lui serio, prima di tornare a sorridere. “A proposito di peso...”

    “Booth, ti ho già avvisato.. Fallo e vedrai!”

    “Rischierò comunque credo... ne vale la pena. Tu, Bones, pesi....”

    Lei gli lanciò un’occhiata di rimprovero mista alla curiosità per quello che lui stava per dirle. Valutò anche la pena che gli avrebbe potuto far scontare subito dopo la sua risposta.

    “...molto...”, continuò tentennante.

    “Booth!...”, cominciò lei alzando la voce, ma venne di nuovo interrotta dalle sue parole.

    “...per me!”, finì guardandola intensamente. “Tu hai un peso importante per me, Bones.”. Quella seconda frase la disse tutta d’un fiato senza distogliere gli occhi dai suoi.

    Lei rimase a bocca aperta, sospesa tra le parole di lui e la sua replica che non arrivava. Sorrise. Riuscì a fare solo quello. Booth tornò a parlare per alleggerire la tensione che si era intensificata nell’aria.

    “L’ho fatto, Bones. Ora cosa mi aspetta?”, chiese sorridendo.

    “Uhm... ci devo pensare. Ma troverò una punizione adatta per questa tua affermazione. Contaci.”, replicò lei con uno sguardo che parlava di molte cose.
    Cose che ancora per loro due erano sconosciute ma che presto sarebbero state chiare. Cose che li avrebbero aiutati ad alleggerire le loro vite con la felicità. Cose che avrebbero portato via quei pesi.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:21
     
    .
12 replies since 20/7/2009, 07:54   658 views
  Share  
.