BST Round 6: 1x21

Il reduce sulla tomba

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  1. omelette73
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    Autore: Cris.Tag
    Titolo: Un messaggio per Booth
    Personaggio: Booth
    Rating: per tutti
    Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono.
    Summary: “Ho detto a Booth che siamo dalla stessa parte. Non sono io quella che lo vuole disilludere. Sono le mie scoperte. Ma quando lo guardo, io... non so che altro fare.”


    Un messaggio per Booth

    La lunga giornata di lavoro si era appena conclusa e l’agente Booth si stava preparando per lasciare l’Hoover Building in direzione del suo appartamento. Pregustava una cena di fronte al televisore in compagnia di una birra fredda e della voce del commentatore sportivo nell’aria.
    Sentì il segnale di ricezione di un messaggio di posta elettronica quando ormai era vicino alla porta. Sbuffò e si fece scappare anche una imprecazione sottovoce.
    Non ne poteva più, si sentiva a pezzi e non soltanto fisicamente. Aveva bisogno di raccogliere tutti i singoli frammenti delle sensazioni che aveva provato per non lasciarsele scappare.
    La terapia contro il gioco d’azzardo gli aveva suggerito qualche trucco che ancora funzionava.
    Per quanto riluttante, decise di tornare indietro a vedere di che cosa si trattava.
    Lesse le poche righe del messaggio e tirò un sospiro di sollievo, non si trattava di lavoro.
    Ne stampò una copia e decise di rileggerselo a casa con calma. Uscì dal suo ufficio con un sorriso leggero sulle labbra, tutto merito del mittente.

    Durante il tragitto sbirciò diverse volte le ultime righe stampate di quel foglio, sorridendo fra sé nell’immaginare la piccola ruga d’espressione che si formava sulla fronte di lei ogni qual volta si accingeva a fare qualcosa di diverso dal solito. E questa e-mail ne era decisamente una prova tangibile. Persino il traffico sembrava più scorrevole o forse era solo lui che non se ne preoccupava.

    Rilesse le ultime parole e sorrise di nuovo.
    Era consapevole di quanto fosse diventata importante per lui?
    Bones si era definita più socievole. Come se stargli addosso durante le indagini perché pensava fosse troppo coinvolto significasse essere socievoli.
    Lui aveva un’altra definizione di socievolezza, che comprendeva un letto, un lenzuolo e pochi vestiti addosso. A dire la verità nessuno.
    Ma era la sua partner, voleva essere la sua partner e ci era riuscita benissimo.
    E questo complicava decisamente le cose.
    Stare accanto a lui in un momento come questo era decisamente più che essere socievoli.

    Parcheggiò nel vialetto di casa, prese il foglio dal sedile ed entrò.
    Ora poteva essere veramente ciò che voleva.
    Un bastardo che aveva ucciso un padre durante la festa di compleanno del proprio figlio.
    La vedeva ancora quella scena.
    Il volto del bambino sporco di sangue, incapace di emettere alcun suono, mentre tutti gli altri fuggivano spaventati. Un bambino a cui lui aveva cambiato la vita.
    Non ricordava ogni singolo sparo, non contava ogni singola vita tolta.
    Ma quella scena tornava a farsi viva in certe occasioni. Aveva semplicemente compiuto il suo dovere ma questo non era di aiuto per i suoi incubi.
    Si slacciò il nodo della cravatta perché lo sentiva stringere, come se gli impedisse di respirare.

    Si ricordava ancora di quello che aveva raccontato a Bones al termine del funerale di Devon Marshall.
    E si era stupito della sua reazione, lo aveva confuso.
    Un attimo prima era lì che trattava il corpo di Kent come se fosse solo un ammasso di ossa e un istante dopo invece si trasformava in un’amica sensibile che gli appoggiava la mano sul braccio per confortarlo. Come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
    So quanto odi tutto questo.
    Gli aveva detto un’altra cosa importante quando, qualche giorno prima, si erano trovati di fronte alla tomba di Richardson.
    Lo so che ritieni fosse un'ottima persona. Questo... mi basta.

    Già, ma non bastava a lui.
    Voleva di più, voleva che Kent tornasse dalla sua famiglia, che Marshall pensasse di nuovo a sua sorella e che corresse ogni volta che Jimmy aveva bisogno. Che Richardson vedesse crescere i sui figli.
    La doccia lo aiutò a lasciar scorrere via i suoi pensieri.
    Mise nel microonde una pizza surgelata e decise che era giunto il momento di dedicarsi a se stesso. Bevve la birra fredda da frigo tutta d’un sorso e andò a sedersi sul divano, con la lettera di Bones fra le mani.

    Accese la tv per avere compagnia, poi prese il telefono e chiamò Parker.
    Era orgoglioso del suo piccolo campione ogni giorno di più.
    Voleva che crescesse felice e libero dai pensieri negativi, che non facesse le sue stesse scelte.
    Si assicurò che avesse passato una buona giornata e ascoltò interessato tutte le cose che aveva imparato a scuola.
    Nel fine settimana avrebbero passato del tempo insieme, così avrebbe potuto insegnargli ad andare in bicicletta. Sapeva che Rebecca non avrebbe approvato, ma fece lo stesso una promessa. Avrebbe fatto di tutto per essere presente.

    Il timer del microonde gli ricordò che aveva fame e che la sua cena era pronta.
    Aprì una seconda bottiglia di birra e tornò sul divano.
    Spostò la lettera sul cuscino accanto a sé e decise di dedicarsi una cena senza pensieri, solo sport.
    Passarono la pubblicità di un film di John Wayne e per poco non si strozzò con un peperone nel ricordare l’improbabile imitazione di Bones a riguardo. Una continua sorpresa, la sua partner.
    Aveva adorato la sua reazione tipicamente femminile quando gli aveva proposto di indovinare il suo peso. Guardò quel foglio come se fosse lei.
    Si fece prendere dalla telecronaca della partita per diversi minuti. Un uomo normale che tornava a casa la sera e guardava lo sport in tv sul divano.
    Fino a quando non sentì il telecronista parlare di giustizia.
    Possibile fosse tutto così dannatamente complicato?
    Hank aveva visto, sapeva tutto, ma l’unica cosa di cui non avevano mai discusso apertamente era quello che avevano provato in quel momento.
    Non ne aveva mai parlato con nessuno in realtà.
    Era sempre un segreto.

    Quello che era successo doveva restare nascosto. Ma allora che senso aveva la parola giustizia?
    Doveva essere onesto con se stesso e aveva deciso di parlare con Bones di quanto era accaduto.
    Lo farai col tempo, Booth.
    Per essere onesto avrebbe dovuto raccontarlo.
    Lo farai.

    E l’aveva fatto, alla fine ci era riuscito. Le aveva raccontato tutto e lei non era scappata inorridita. No, era rimasta accanto a lui, senza dire una parola.
    Gli era bastata la sua presenza, sentire le sue dita appoggiate sul braccio che lo confortavano.
    Aveva stretto la sua mano per paura che fosse un sogno, accarezzandola piano.
    Poi si erano alzati da quelle sedie, il funerale era finito. Bones l’aveva chiamato e lui si era girato. Non si aspettava di vederla così vicina a sé, allungare una mano e cancellare dal viso ogni traccia del suo pianto. Aveva raccolto non solo le sue lacrime ma anche il suo dolore, la sua sofferenza.
    E si era decisamente sentito meglio.

    Prima di riporre il messaggio, decise di rileggerlo ancora una volta.
    Il termine integrazione indica il momento in cui i nostri vissuti emotivi sono reintegrati nel nostro corpo attraverso un lavoro di riappropriazione per consentire una maggiore fluidità fisica e psichica. Assumendoti la responsabilità di quello che hai fatto la tua crescita ha avuto inizio, portandoti a diventare l’uomo che sei ora, il collega a cui affiderei la mia vita senza esitare un solo istante.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:22
     
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12 replies since 20/7/2009, 07:54   658 views
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