BST Round 6: 1x21

Il reduce sulla tomba

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  1. omelette73
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    Autore: Vivi_23
    Titolo: Scusa se…
    Pairing: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: Booth alle prese con delle riflessioni…
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX. La canzone non mi appartiene, ma è degli Studio 3.

    Resto immobile per non cadere più,
    Cercando solo un equilibrio dentro me...
    E poi lascerò libero il vento di portarsi via quel che nascondo dentro di me...
    Respirandomi occhi negli occhi poi,
    Non serviranno più mille parole tra noi...
    Chiedo solo che resti così...
    Io e te dentro una bolla di emozioni e di magia...


    Sai mentire bene a te stesso... Sai mentire bene a te stesso...

    Parole che erano rimaste dentro di lui per molto tempo. Non riusciva a crederci che Bones gli aveva detto una frase come quella.
    Era stato un caso difficile da risolvere, ma Booth aveva particolarmente accusato il colpo.
    I ricordi della guerra lo tormentavano ancora, sebbene fossero passati diversi anni da quando lavorava soltanto per l'FBI.

    Brennan... Beh, lei se ne era accorta. Lo aveva capito, per una volta, senza bisogno di spiegazioni e i loro ruoli si erano invertiti. Di solito era lei quella maggiormente provocante e senza la minima volontà di accettare il parere altrui. Di solito lui era in grado di mantenere il controllo, eppure, mentalmente, aveva dato ragione alla sua partner quella volta.

    Era diventato nervoso, intrattabile e il suo stato aveva contagiato l'intero laboratorio. Si era accorto che qualcosa non andava nemmeno tra Hodgins e Angela, ma in quel momento non si sentiva pronto a consigliare nessuno.

    Aveva già abbastanza problemi senza tutti gli altri squint in mezzo.
    Il suo amico Hank gli aveva dato un'ottima idea. Doveva parlarne con qualcuno, era stanco di tenere tutto dentro, sperando solo che quei dolorosi momenti si cancellassero improvvisamente dalla sua mente.
    Eppure durante il funerale di Devon non era riuscito a "pensare".
    Semplicemente l'istinto era tornato ad agire per lui, e le parole avevano iniziato a scorrere come un fiume in piena.

    E Brennan l'aveva ascoltato... Non l'aveva interrotto con le sue solite trovate antropologiche, non era scappata a gambe levate, non gli aveva dato del pazzo perchè si creava così tanti problemi...
    No, niente di tutto quello che si sarebbe aspettato.
    Ancora una volta, Bones era stata in grado di sorprenderlo. Aveva posato una mano sul suo braccio. Così delicatamente, eppure stringendolo con una presa talmente sicura, da fargli capire che lei ci sarebbe stata.
    Nonostante tutto.
    Nonostante tutti.


    Erano andati la sera a cenare da Sid. Non c'erano state molte parole tra loro durante il tragitto in macchina, fatto alquanto strano. Ma avevano già litigato troppo quei giorni, ed ognuno era immerso nei ricordi di pochi minuti prima.

    Il loro amico, notando i loro visi leggermente tristi, si avviò subito in cucina a preparare doppie porzioni dei suoi prelibati piatti.
    I due partner si avviarono verso un tavolo lontano, in disparte dalla parte centrale del locale, maggiormente affollata.
    Si sedettero e ben presto iniziarono a mangiare. La conversazione pian piano riprese su temi più leggeri di quelli che avevano affrontato negli ultimi giorni.

    Il breve silenzio che si era nuovamente creato fu spezzato da un sussurro di Booth.

    - Ecco Bones io... Scusa se...

    Non terminò la frase ma scosse soltanto la testa. Ma gli occhi di Brennan non si spostarono da lui nemmeno per un momento. I suoi tratti stanchi furono addolciti dal sorriso che Booth tanto adorava.

    - Di cosa dovrei perdonarti Booth?
    - Nulla, non importa.

    Rise leggermente e Brennan capì che un giorno, quando sarebbe stato pronto, le avrebbe parlato anche di tutte le sue altre paure. Fino a quel momento, lei l'avrebbe aspettato. Nonostante tutto. Nonostante tutti.

    Scusa se non mi basterà un bacio,
    Se mi fermerò per riprendere fiato,
    Se non parlerò, se terrò gli occhi chiusi,
    Se non sarò forte come vorrei...
    Scusami se... Forse ho solo paura di me...


    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:20
     
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  2. Cris.Tag
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    Autore : Allanon9
    Titolo : Amici
    Pairings : B&B
    Rating : Per tutti
    Frase simbolica : “L’antropologia spiega lo scoppio delle guerre con l’aumento della popolazione maschile sotto i vent’anni.”
    Desclamair: Bones non mi appartiene.


    Amici.


    Seeley Booth era seduto sui gradini del Lincoln Memorial .
    Da quella posizione poteva vedere tutta la città illuminata. Da poco era tramontato il sole su quella giornata intensa ed angosciante.
    Il funerale di Devon Marshall, l’abbraccio tra la signora Marshall e la signora Kent, la sorpresa di Bones nel vedere quel gesto di solidarietà umana e, soprattutto, la confessione che aveva fatto alla sua partner.
    Odiava quello che aveva dovuto fare quando era un cecchino dell’esercito: ammazzare uomini!
    Ma uccidere qualcuno sotto gli occhi della propria famiglia era per lui la cosa più riprovevole di tutte.
    Il gesto di conforto di Bones, quella mano appoggiata sul suo braccio, era più di quello che si aspettasse da lei e gli aveva fatto oltre che piacere anche un gran bene a livello emotivo.
    Quell’incredibile donna aveva in qualche modo alleviato la sua pena con quel semplice gesto.
    Si sporse all’indietro verso la sagoma della statua di Lincoln. Si sentiva un po’ in colpa per essersi lasciato trasportare dalle sue emozioni e non essere stato obbiettivo per la maggior parte del caso, Bones aveva avuto ragione a farglielo notare. Ma lui era così dannatamente orgoglioso del suo istinto e del suo modo di vedere le cose che non l’aveva scoltata.
    Si stava impelagando in un territorio minato? Sì,con tutta probabilità. Bones era troppo razionale per lui, riusciva a separare benissimo la ragione dai sentimenti , mentre lui non né era affatto capace.
    Tutta la storia dal ritrovamento del cadavere di Devon Marshall sulla tomba di Kent fino alla scoperta che Kent era morto per fuoco amico,lo aveva straziato.
    Vedere il corpo di quel povero soldato sul tavolo di acciaio del Jeffersonian l’aveva sconvolto. Lui era un agente dell’ FBI,avrebbe dovuto essere capace di estraniarsi ma aveva fallito.
    Era immerso nella contemplazione del cielo sulla sua testa,quando gli squillò il cellulare. Guardò il display e vide che era Bones che lo chiamava.
    “Ciao.” Rispose semplicemente.
    “Ciao Booth,ti va di mangiare qualcosa da Sid?” gli chiese lei.
    “Bones io…Ok,ci vediamo lì o vuoi che ti venga a prendere?” si decise a risponderle.
    “Io sono già qui. Ti aspetto.” E riattaccò.
    -Ti aspetto.- gli aveva detto, era vero? Lo aspettava?
    Alzò scuotendo la testa e rise di sé stesso. Bones bastava a sé stessa, non aveva bisogno né di lui né di nessuno.
    Ma si sbagliava di grosso e dentro di sé lo sapeva. Tutti abbiamo bisogno degli altri, lui più di tutti.
    Si sentiva solo molto spesso.
    Arrivò dopo un quarto d’ora al ristorante ed entrando la vide seduta al bancone che parlava con Sid.
    “Hei.” Disse lei vedendolo.
    “Hei.” Rispose lui sedendosi accanto a lei e facendo un cenno di saluto a Sid.
    “Ciao Booth,vi porto subito la cena.” Disse Sid allontanandosi.
    “Come va?” gli chiese lei sorseggiando il suo vino.
    “Bene.” Rispose lui, abbassando gli occhi sulle sue mani intrecciate.
    “Sono contenta.”
    Lui la guardò con quei suoi intensi occhi castani velati di malinconia.
    A Brennan si smorzò il respiro per l’intensità di quello sguardo. Il cuore cominciò a batterle più forte, come le succedeva sempre quando la guardava così.
    “Booth mi dispiace per ieri.” Cominciò lei a disagio,non era brava in queste cose.
    “Ieri?” chiese lui guardandola senza capire.
    “Sì, quando ho detto che l’antropologia spiega lo scoppio delle guerre con l’aumento della popolazione maschile sotto i vent’anni.”
    Lui sorrise tristemente.
    “Non fa nulla Bones,ho capito quello che volevi dire.”
    Lei gli sorrise sollevata . “Davvero?”
    Lui rise,un suono basso e profondo che le diede i brividi.
    “No, ma apprezzo le tue scuse.”
    Gli occhi di lei erano scintillanti sotto le luci del locale e lui trovava difficile non guardarli.
    Lei gli mise una mano sopra il braccio e lui sentì il calore che sprigionava attraverso il tessuto leggero della sua camicia bianca.
    “Grazie Bones.” Disse semplicemente non staccando ancora gli occhi da quelli di lei.
    Brennan, per un momento, sembrò capace di leggere i snetimenti che animavano quegli occhi e sorrise.
    “Siamo partner ricordi? Dare equivale a ricevere,me lo ha insegnata il migliore.” Gli rispose .
    Lui sorrise, la malinconia attenuata dal calore di quel contatto, come nel pomeriggio al cimitero.
    Sid arrivò con la cena e il momento passò.
    Avevano imparato entrambi una cosa non erano più solo partner, erano amici.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:20
     
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  3. omelette73
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    Autore: Chemistry
    Titolo: Un peso importante
    Pairing: B&B.
    Rating: per tutti
    Summary: Si domandò come sarebbero andate le cose se lei ci fosse stata dopo il suo rientro. Se fosse stata lei la persona al suo fianco in quel percorso.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.

    UN PESO IMPORTANTE

    Sparo.
    Sangue.
    Respira.

    Respira forte.

    Booth aprì gli occhi di colpo ritrovandosi nel suo letto, inzuppato di sudore.
    Un incubo. Lo stesso incubo. Era qualche tempo però che non ne faceva e, ripensando al caso che li aveva coinvolti, capì che quegli ultimi giorni erano stati stremanti per lui a livello psicologico. Volente o nolente si era dovuto confrontare con i suoi ricordi e aveva rivissuto nella sua mente le sue angosce.
    Quel caso gli aveva fatto pulsare di più quella ferita aperta. Nulla avrebbe mai cancellato le memorie dei suoi trascorsi in guerra, dei suoi giorni da cecchino.
    Servire il suo Paese era davvero una ragione tanto nobile per giustificare le cose che aveva fatto? Amava il suo Paese e ci credeva fermamente, ma allo stesso modo amava la vita. Toglierla a qualcuno significava portar via un pezzettino di vita anche a coloro che amavano quella persona. Non si spezzava solo una vita quando qualcuno moriva.
    Lo aveva detto a Bones quel pomeriggio, quando erano nel cimitero, quando il dolore era diventato talmente lancinante da non riuscire più a trattenerlo.
    Si era aperto a lei. Lo aveva fatto, anche se in parte, e sentì che un giorno sarebbe arrivato a parlarle di tutte le altre cose che lo opprimevano. Un giorno. A lei.

    Pensò a Jimmy e a come apparisse fragile in quella clinica. Booth sapeva quanto fosse duro il rientro alla vita normale. Quando tutto quello che è normale sembra non esserlo più. Quando tutto quello che gli occhi vedono ovunque è sangue. Quando tutto quello che le orecchie sentono sono esplosioni. Quando tutto quello che il naso avverte è l’odore di polvere da sparo, anche dove non ce n’é.
    Il resto del mondo non capisce quello che si prova. Vedono rientrare il loro caro e lo festeggiano, sono felici che sia ancora vivo, sono sereni di vederlo ancora tra loro e pensano che anche lui lo sia. Ma a volte, si torna e si pensa che si sarebbe voluto restare là, si torna e si pensa che in realtà non ci sia nulla da festeggiare.
    Non tutti capiscono che certe esperienze cambiano profondamente l’anima e il carattere di una persona.

    Booth ripensò a quando lui era tornato. Era stata dura, aveva avuto un periodo di sospensione dal mondo reale. A volte gli pareva di essere in trance. Aveva cercato di stare il più possibile con i suoi ex compagni. Con loro era tutto più semplice, tra loro si capivano. Nessuna domanda. Solo sguardi carichi di pensieri e ricordi che condividevano lo stesso dolore. Per ognuno il riadattarsi richiedeva un periodo diverso, qualcuno riusciva a mettere subito tutto da parte, altri ci impiegavano più tempo, alcuni non ci riuscivano mai.

    Per Booth la soluzione fu, più o meno, nel mezzo.
    Ci mise poco tempo a rientrare nella società, e poco ce ne mise per entrare nella ragnatela viziosa del gioco d’azzardo. Diventò la sua valvola di sfogo e, come per una droga, se ne ritrovò completamente dipendente. Quando si rese conto che il problema era ormai diventato ingestibile il percorso per tornare alla vita di tutti i giorni diventò più lungo, duro e doloroso.

    Booth si girò nel letto e si passò una mano sul braccio dove, poco prima, la sua partner l’aveva accarezzato. Dove lei, con la sua poca capacità empatica, aveva riposto mille parole di consolazione. E lui le aveva udite tutte, ogni singola delicatezza gli era entrata dentro e lo aveva alleviato un po’ di quel fardello.
    Si domandò come sarebbero andate le cose se lei ci fosse stata dopo il suo rientro. Se fosse stata lei la persona al suo fianco in quel percorso.

    Forse sarebbe stato più difficile.
    Lo avrebbe fatto impazzire di più con le sue tirate antropologiche sui comportamenti dell’uomo e sulle dinamiche delle guerre. Gli avrebbe fatto domande a cui non avrebbe voluto e potuto dare risposte. Magari lo avrebbe ferito con qualche sua affermazione. Lo avrebbe fatto uscire di testa volendo avere sempre l’ultima parola, perché a lei piaceva. E forse, per la rabbia, l’avrebbe presa in braccio con impeto e l’avrebbe buttata sul letto per sfogare quella frustrazione, rendendosi conto subito che sarebbe stato un errore farlo così. L’avrebbe allontanata da sé per paura di distruggere quel sentimento che li legava, per paura di contaminarla con il suo senso di colpevolezza. E, allontanandola, quel sentimento si sarebbe inevitabilmente distrutto.

    O forse sarebbe stato più facile.
    Lo avrebbe guardato con i suoi occhi chiari trasmettendogli la sua comprensione. Lo avrebbe aiutato con il suo cuore grande, quello che lui sapeva che lei possedeva. Quello che lui riusciva a vedere dietro a quell’apparenza fredda, clinica e distaccata. Si sarebbe accucciato nella serenità che lei gli trasmetteva e avrebbe sfogato le sue paure e le sue inquietudini nel rassicurante abbraccio della sua presenza.
    E lentamente la purezza e l’innocenza del loro rapporto lo avrebbe guarito e gli avrebbe ridato speranza.
    E l’aprirsi a lei così completamente li avrebbe portati ad amarsi, a fare l’amore dolcemente dopo un pianto, sopprimendo la pena con l’intensità di quell’emozione.

    Booth guardò il soffitto della sua camera da letto e si ritrovò a pensare che probabilmente sarebbe stato un misto di entrambe le eventualità. Razionalità e cuore. Quello era la sua partner e in entrambi i casi se l’avesse avuta al suo fianco il suo riadattamento sarebbe andato sicuramente meglio.

    Solo ultimamente aveva cominciato a capire quanto intensa lei fosse e quanto profondo il loro rapporto sarebbe potuto diventare in futuro.
    Ringraziò Dio per avergli fatto quel regalo, per averla accanto a sé. Lei, che a lui teneva davvero. Tanto da sperare di avere il suo appoggio nelle decisioni che prendeva. Tanto da non credere in qualcosa fermamente ma accettarla e farsela bastare solo perché lui ci credeva.
    Lei che voleva far parte della sua vita, che scavava nel suo profondo con gli occhi per sapere di più di lui, ma che per riservatezza e comprensione non chiedeva.

    Ripensò alla risposta che lei gli aveva dato quel giorno dopo che lui le aveva detto che gli adulti facevano domande ai reduci di guerra come se volessero raccontate le scene di un film. Lei aveva replicato che lo facevano perché sentire parlare qualcuno che era sopravvissuto avrebbe fatto sembrare loro la guerra meno cattiva. Booth era certo che se lei gli avesse mai fatto domande, sarebbero state solo per cercare di capirlo meglio, per riuscire a connettersi ancora di più con lui. Per sentirlo più vicino a sé e per poterlo aiutare ad affrontare quegli incubi. Incubi che lei conosceva bene grazie al suo lavoro. Troppe vittime aveva dovuto identificare in fosse comuni, in sterminii di guerra e in inferni simili a quelli.
    Lei era l’unica che poteva riuscire a capirlo, era l’unica che non l’avrebbe giudicato.

    Voltò la testa per guardare l’ora sulla sveglia. Non era troppo tardi per soddisfare il bisogno che aveva appena sentito, urgente, dentro di sé. Voleva chiamarla. Voleva vederla. Voleva stare con lei. Per riempirsi gli occhi dei suoi morbidi lineamenti. Per prenderla in giro, scherzare e ridere insieme. Per sfidarla e farsi sfidare. Per seppellire quel senso di vuoto e rimpiazzarlo con ricordi di gioia.

    Prese il telefono e la chiamò.

    “Bones... scusa per l’ora... mi chiedevo se ti andasse una birra?”, domandò sperando di non averla svegliata o disturbata.

    “Uhm... sì, perché no? Anzi, stavo per stapparne una proprio adesso. Se vuoi passa da me.”

    “Ti ho letto nel pensiero allora.”, replicò ridendo.

    “Booth è impossibile leggere nel pensiero di un’altra persona, oltretutto a dieci chilometri di distanza.”, puntualizzò Temperance come era solita fare.

    “Non ne sarei così certo, anzi credo di aver capito qual è il tuo peso...”

    “Booth, ti ho già avvisato oggi riguardo a questa cosa...”, disse lei con un tono di minaccia nella voce, prima di venire interrotta.

    “Venti minuti e son lì.”

    Quando la breve conversazione terminò si affrettò nella doccia, per rinfrescarsi e lavare via quel senso di pesantezza che l’incubo e i pensieri gli avevano lasciato addosso. Voleva fare spazio alla leggerezza per quella sera.

    Dopo mezz’ora si trovava già sul divano dell’appartamento della sua partner a chiacchierare.
    Presero entrambi un sorso di birra.

    “Ti ho disturbata per caso?”, domandò.

    “No, affatto. Stavo per mettermi a scrivere un capitolo del mio libro. Sono quasi alla fine e poi consegnerò il manoscritto alla mia agente.”

    “Me lo farai leggere?”, chiese lui speranzoso e con il suo miglior sorriso.

    “Certo...”

    Lui sgranò gli occhi per la sorpresa di quella risposta, ma quell’espressione non durò a lungo.

    “...non appena sarà pubblicato.”, terminò la frase con un sorriso. “Sai scrivere mi aiuta in casi come questi, è stata una settimana pesante.”, disse guardandolo negli occhi.

    “Già...”, replicò lui serio, prima di tornare a sorridere. “A proposito di peso...”

    “Booth, ti ho già avvisato.. Fallo e vedrai!”

    “Rischierò comunque credo... ne vale la pena. Tu, Bones, pesi....”

    Lei gli lanciò un’occhiata di rimprovero mista alla curiosità per quello che lui stava per dirle. Valutò anche la pena che gli avrebbe potuto far scontare subito dopo la sua risposta.

    “...molto...”, continuò tentennante.

    “Booth!...”, cominciò lei alzando la voce, ma venne di nuovo interrotta dalle sue parole.

    “...per me!”, finì guardandola intensamente. “Tu hai un peso importante per me, Bones.”. Quella seconda frase la disse tutta d’un fiato senza distogliere gli occhi dai suoi.

    Lei rimase a bocca aperta, sospesa tra le parole di lui e la sua replica che non arrivava. Sorrise. Riuscì a fare solo quello. Booth tornò a parlare per alleggerire la tensione che si era intensificata nell’aria.

    “L’ho fatto, Bones. Ora cosa mi aspetta?”, chiese sorridendo.

    “Uhm... ci devo pensare. Ma troverò una punizione adatta per questa tua affermazione. Contaci.”, replicò lei con uno sguardo che parlava di molte cose.
    Cose che ancora per loro due erano sconosciute ma che presto sarebbero state chiare. Cose che li avrebbero aiutati ad alleggerire le loro vite con la felicità. Cose che avrebbero portato via quei pesi.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:21
     
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  4. Cris.Tag
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    Autore: Kew08
    Titolo: Quella carezza della sera
    Pairing: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: I'm talking about being there for him, knowing when a simple touch is enough.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.


    Quella carezza della sera


    Sdraiato sul letto, al buio, con un braccio a coprire gli occhi, Booth scontava i brutti pensieri che quella terribile giornata gli aveva procurato.
    Frenare il dolore e il senso di colpa era stato impossibile davanti a quelle lastre bianche che lo catapultavano con forza in un passato che aveva segnato le pagine più nere della sua storia personale.
    Era tornato tutto a galla, prepotentemente, ricordandogli quella parte di lui che era morta vedendo quel bimbo sporco del sangue di suo padre.
    Ma Hank aveva avuto ragione.
    Parlarne con qualcuno – parlarne con Bones – l’aveva fatto sentire meglio, aveva alleggerito un po’ il peso che portava, perché parte di quel peso se l’era accollato lei, ascoltando e comprendendolo.
    Lei era…
    Interruppe quel pensiero sentendo suonare il campanello, si alzò, ancora al buio, sbattendo poi col piede contro lo spigolo della porta e decidendosi ad accendere finalmente la luce mentre soffocava un’imprecazione tra i denti.
    Aprì e, vedendo Bones, non poté trattenere un sorriso a metà tra felicità e malinconia.
    “Ti disturbo?”, chiese lei. “Forse avrei dovuto avvertirti…”
    Lui si fece da parte lasciandola passare. “Non mi disturbi affatto! Penso che questa sera stare da solo non fosse davvero la cosa più consigliabile”.
    Abbassò gli occhi, pentendosi un po’ di quelle parole.
    Si era già esposto troppo con lei, qualche ora prima, raccontandole cose che mai aveva rivelato ad anima viva, sensazioni difficili da capire e da gestire perfino per lui, che le viveva in prima persona. In quel momento si sentiva vulnerabile e un po’ a disagio, anche se era davvero felice che lei fosse lì, a casa sua, con lui.
    Lei sembrò capire questo suo stato d’animo e non accennò minimamente alla giornata appena trascorsa e alle cose che le aveva rivelato.
    Gli lanciò un sorriso disarmante e sventolò ciò che aveva in mano per farglielo notare.
    “Quando sei venuto a casa mia e hai ispezionato la mia collezione di cd ti è sfuggito questo… La colonna sonora di Ombre Rosse, il primo film di John Wayne… Ho pensato che potremmo ascoltarlo insieme visto che piace ad entrambi… E ho affittato anche il dvd…”.
    Era quasi timida mentre proponeva come passare la serata e a Booth questo fece molta tenerezza.
    Le sorrise. “Accetto solo a patto che tu mi faccia le imitazioni delle battute più significative”.
    “Puoi scommetterci il sedere, gringo”, promise lei, nel tono che, nei suoi progetti, avrebbe dovuto ricalcare quello di John Wayne.
    Lui aggrottò le sopracciglia, perplesso.
    “Hai ragione…”, assentì lei, “John Wayne era americano, non avrebbe mai chiamato nessuno gringo… Puoi scommetterci il sedere, bello”, si corresse, con lo stesso tono di prima.
    Booth si rassegnò, sospirando divertito.
    Mise su il dvd e prese delle birre fresche dal frigo, accompagnate da varie schifezze indispensabili durante la visione di un film… pistacchi, noccioline… perfino le caramelle gommose di Parker… che avrebbe dovuto ricomprare, perché le stava mangiando tutte lui.
    Si sedettero per terra, le schiene appoggiate al divano, sul tappeto il loro piccolo party improvvisato.
    Bones cercava di mettere da parte le bucce della frutta secca per non creare sporcizia, lui le dava piccole botte sulle mani per farla stare ferma: “Lascia stare! Dopo pulisco io…”.
    Intanto le immagini del film scorrevano sullo schermo.
    “Ehi, questa scena è fantastica”, gli disse Bones, agitando la birra che aveva in mano e facendone fuoriuscire qualche goccia. “Oh cavolo!”, esclamò, afferrando un tovagliolo per pulire.
    “Vuoi stare ferma?!”.
    “Ma è sporco!”.
    “Io sono un casalingo perfetto”, ammiccò lui. “E tu devi farmi l’imitazione di questa scena”, disse, indicando le nuove immagini sullo schermo.
    “No, di questa no!”.
    “Sì, di questa sì!”.
    “No!”.
    “Hai promesso”, le ricordò lui. “Devi farlo, mi ci sono giocato il sedere!”.
    Lei sorrise rassegnata, consapevole che ogni promessa è debito: “A trovare un'altra moglie si fa presto. Ma una cavalla come quella io non la trovo piu'”, recitò, con la solita voce gracchiante, stavolta meno convinta. “Questa battuta può piacere solo a un uomo”, si lamentò poi.
    “A me non piace”, confessò Booth. “Volevo solo sentirla dire da te”, disse, ridendo.
    Lei lo fulminò con lo sguardo ma poi si unì alla sua risata.
    Continuarono così tutta la sera e quando il film terminò misero su il cd con la colonna sonora.
    “120”, disse a un certo punto Booth, con fare pensieroso.
    “120 cosa?”, chiese lei, confusa.
    “120 chili! Il tuo peso. L’hai detto tu che so leggere nel pensiero! Ho indovinato, vero?”.
    Assolutamente indignata, lei afferrò un cuscino dal divano e cominciò a colpirlo con forza, mentre lui tentava di schivare i colpi sghignazzando senza ritegno.
    Alla fine si accasciarono entrambi contro il divano, esausti e divertiti.
    Bones soffiò via una ciocca di capelli che le era ricaduta sulla bocca.
    Lui si soffermò a guardarla con gratitudine per quello che aveva fatto per lui quella sera.
    Era stata perfetta. Era stata semplicemente se stessa, facendolo essere semplicemente se stesso.
    Lei si accorse di quello sguardo e si soffermò a sua volta a guardarlo.
    Spontaneamente, con naturalezza, gli accarezzò la guancia con le nocche della mano e lui ne seguì il movimento spostando leggermente la testa per incontrare meglio il suo tocco.
    Angela aveva ragione, pensò Bones.
    Era bastato essere lì, per lui.
    Era bastato un semplice tocco per farlo sentire bene.
    E anche lei si sentiva meglio.
    Leggera, come una carezza nella sera.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:21
     
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  5. omelette73
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    Autore: Cris.Tag
    Titolo: Un messaggio per Booth
    Personaggio: Booth
    Rating: per tutti
    Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono.
    Summary: “Ho detto a Booth che siamo dalla stessa parte. Non sono io quella che lo vuole disilludere. Sono le mie scoperte. Ma quando lo guardo, io... non so che altro fare.”


    Un messaggio per Booth

    La lunga giornata di lavoro si era appena conclusa e l’agente Booth si stava preparando per lasciare l’Hoover Building in direzione del suo appartamento. Pregustava una cena di fronte al televisore in compagnia di una birra fredda e della voce del commentatore sportivo nell’aria.
    Sentì il segnale di ricezione di un messaggio di posta elettronica quando ormai era vicino alla porta. Sbuffò e si fece scappare anche una imprecazione sottovoce.
    Non ne poteva più, si sentiva a pezzi e non soltanto fisicamente. Aveva bisogno di raccogliere tutti i singoli frammenti delle sensazioni che aveva provato per non lasciarsele scappare.
    La terapia contro il gioco d’azzardo gli aveva suggerito qualche trucco che ancora funzionava.
    Per quanto riluttante, decise di tornare indietro a vedere di che cosa si trattava.
    Lesse le poche righe del messaggio e tirò un sospiro di sollievo, non si trattava di lavoro.
    Ne stampò una copia e decise di rileggerselo a casa con calma. Uscì dal suo ufficio con un sorriso leggero sulle labbra, tutto merito del mittente.

    Durante il tragitto sbirciò diverse volte le ultime righe stampate di quel foglio, sorridendo fra sé nell’immaginare la piccola ruga d’espressione che si formava sulla fronte di lei ogni qual volta si accingeva a fare qualcosa di diverso dal solito. E questa e-mail ne era decisamente una prova tangibile. Persino il traffico sembrava più scorrevole o forse era solo lui che non se ne preoccupava.

    Rilesse le ultime parole e sorrise di nuovo.
    Era consapevole di quanto fosse diventata importante per lui?
    Bones si era definita più socievole. Come se stargli addosso durante le indagini perché pensava fosse troppo coinvolto significasse essere socievoli.
    Lui aveva un’altra definizione di socievolezza, che comprendeva un letto, un lenzuolo e pochi vestiti addosso. A dire la verità nessuno.
    Ma era la sua partner, voleva essere la sua partner e ci era riuscita benissimo.
    E questo complicava decisamente le cose.
    Stare accanto a lui in un momento come questo era decisamente più che essere socievoli.

    Parcheggiò nel vialetto di casa, prese il foglio dal sedile ed entrò.
    Ora poteva essere veramente ciò che voleva.
    Un bastardo che aveva ucciso un padre durante la festa di compleanno del proprio figlio.
    La vedeva ancora quella scena.
    Il volto del bambino sporco di sangue, incapace di emettere alcun suono, mentre tutti gli altri fuggivano spaventati. Un bambino a cui lui aveva cambiato la vita.
    Non ricordava ogni singolo sparo, non contava ogni singola vita tolta.
    Ma quella scena tornava a farsi viva in certe occasioni. Aveva semplicemente compiuto il suo dovere ma questo non era di aiuto per i suoi incubi.
    Si slacciò il nodo della cravatta perché lo sentiva stringere, come se gli impedisse di respirare.

    Si ricordava ancora di quello che aveva raccontato a Bones al termine del funerale di Devon Marshall.
    E si era stupito della sua reazione, lo aveva confuso.
    Un attimo prima era lì che trattava il corpo di Kent come se fosse solo un ammasso di ossa e un istante dopo invece si trasformava in un’amica sensibile che gli appoggiava la mano sul braccio per confortarlo. Come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
    So quanto odi tutto questo.
    Gli aveva detto un’altra cosa importante quando, qualche giorno prima, si erano trovati di fronte alla tomba di Richardson.
    Lo so che ritieni fosse un'ottima persona. Questo... mi basta.

    Già, ma non bastava a lui.
    Voleva di più, voleva che Kent tornasse dalla sua famiglia, che Marshall pensasse di nuovo a sua sorella e che corresse ogni volta che Jimmy aveva bisogno. Che Richardson vedesse crescere i sui figli.
    La doccia lo aiutò a lasciar scorrere via i suoi pensieri.
    Mise nel microonde una pizza surgelata e decise che era giunto il momento di dedicarsi a se stesso. Bevve la birra fredda da frigo tutta d’un sorso e andò a sedersi sul divano, con la lettera di Bones fra le mani.

    Accese la tv per avere compagnia, poi prese il telefono e chiamò Parker.
    Era orgoglioso del suo piccolo campione ogni giorno di più.
    Voleva che crescesse felice e libero dai pensieri negativi, che non facesse le sue stesse scelte.
    Si assicurò che avesse passato una buona giornata e ascoltò interessato tutte le cose che aveva imparato a scuola.
    Nel fine settimana avrebbero passato del tempo insieme, così avrebbe potuto insegnargli ad andare in bicicletta. Sapeva che Rebecca non avrebbe approvato, ma fece lo stesso una promessa. Avrebbe fatto di tutto per essere presente.

    Il timer del microonde gli ricordò che aveva fame e che la sua cena era pronta.
    Aprì una seconda bottiglia di birra e tornò sul divano.
    Spostò la lettera sul cuscino accanto a sé e decise di dedicarsi una cena senza pensieri, solo sport.
    Passarono la pubblicità di un film di John Wayne e per poco non si strozzò con un peperone nel ricordare l’improbabile imitazione di Bones a riguardo. Una continua sorpresa, la sua partner.
    Aveva adorato la sua reazione tipicamente femminile quando gli aveva proposto di indovinare il suo peso. Guardò quel foglio come se fosse lei.
    Si fece prendere dalla telecronaca della partita per diversi minuti. Un uomo normale che tornava a casa la sera e guardava lo sport in tv sul divano.
    Fino a quando non sentì il telecronista parlare di giustizia.
    Possibile fosse tutto così dannatamente complicato?
    Hank aveva visto, sapeva tutto, ma l’unica cosa di cui non avevano mai discusso apertamente era quello che avevano provato in quel momento.
    Non ne aveva mai parlato con nessuno in realtà.
    Era sempre un segreto.

    Quello che era successo doveva restare nascosto. Ma allora che senso aveva la parola giustizia?
    Doveva essere onesto con se stesso e aveva deciso di parlare con Bones di quanto era accaduto.
    Lo farai col tempo, Booth.
    Per essere onesto avrebbe dovuto raccontarlo.
    Lo farai.

    E l’aveva fatto, alla fine ci era riuscito. Le aveva raccontato tutto e lei non era scappata inorridita. No, era rimasta accanto a lui, senza dire una parola.
    Gli era bastata la sua presenza, sentire le sue dita appoggiate sul braccio che lo confortavano.
    Aveva stretto la sua mano per paura che fosse un sogno, accarezzandola piano.
    Poi si erano alzati da quelle sedie, il funerale era finito. Bones l’aveva chiamato e lui si era girato. Non si aspettava di vederla così vicina a sé, allungare una mano e cancellare dal viso ogni traccia del suo pianto. Aveva raccolto non solo le sue lacrime ma anche il suo dolore, la sua sofferenza.
    E si era decisamente sentito meglio.

    Prima di riporre il messaggio, decise di rileggerlo ancora una volta.
    Il termine integrazione indica il momento in cui i nostri vissuti emotivi sono reintegrati nel nostro corpo attraverso un lavoro di riappropriazione per consentire una maggiore fluidità fisica e psichica. Assumendoti la responsabilità di quello che hai fatto la tua crescita ha avuto inizio, portandoti a diventare l’uomo che sei ora, il collega a cui affiderei la mia vita senza esitare un solo istante.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:22
     
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  6. Cris.Tag
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    Autore: Omelette73
    Titolo: S.U.V. (Semplicemente Una Verità)
    Pairing: B&B.
    Rating: per tutti
    Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono.
    Summary: Ma Booth è diverso, non è ‘la maggior parte’ di nulla.

    S.U.V. (Semplicemente Una Verità)

    Quando accetti il suo invito ti dici che lo fai perché è una cosa da partner, perché la conversazione che avete avuto qualche giorno prima al cimitero ha creato tra voi una strana atmosfera, di quelle a cui non sai dare un nome, ma che senti, nonostante la tua incapacità a gestire la maggior parte dei tuoi rapporti umani.
    Ma Booth è diverso, non è ‘la maggior parte’ di nulla.
    Avevi ripetuto le parole di Angela dentro di te come un mantra, mentre lo avevi visto crollare al tuo fianco, perso in uno dei tanti incubi che dovevano sconvolgere le sue notti e che rendono così importante per lui il proprio lavoro, la sua espiazione.
    Parlo di esserci per lui, ti aveva detto l’Angela nella tua testa mentre ti sedevi accanto al tuo partner e gli facevi capire che eri disposta ad ascoltarlo e che, con il tempo, sarebbe riuscito a parlare di ciò che tanto lo angosciava.
    Anche un semplice gesto è abbastanza, ti eri ripetuta mentre la tua mano sfiorava il suo braccio e lo guardavi sprofondare sempre di più in quei tristi ricordi.
    Non immaginavi che veder piangere quell’uomo ti avrebbe fatto un effetto tanto devastante, ma persino una persona così socialmente impacciata come te capisce che il momento che stavate vivendo era un altro importante mattone nella costruzione di quella strana eppur solida casa che stava diventando il vostro rapporto.
    E il giorno dopo ne hai la conferma, quando lui ti telefona invitandoti per quella domenica ad un picnic in giardino a casa del suo amico Hank Lutrell, il giudice che hai conosciuto durante il caso, il suo vecchio compagno d’armi, l’uomo che si è fatto male. Ricordi le parole di Booth che ti hanno fatto arricciare il naso per l’aggressività insita in esse, non ti è piaciuto affatto il suo tono in quella circostanza!
    Persino tu hai capito che era arrabbiato.

    Il suono del campanello ti distoglie dai tuoi pensieri, apri la porta e te lo trovi di fronte, jeans e maglietta grigia, con indosso uno di quei suoi smaglianti sorrisi a cui non riesci a non rispondere.
    “Sei pronta Bones?” ti chiede battendo le mani per farti fretta.
    Lo saluti con un sorriso e attraversi il salotto per recuperare una giacca leggera e la borsa che hai lasciato sul divano e senti la sua presenza alle tue spalle.
    “Andiamo Bones, siamo in ritardo” dice appoggiandoti la mano sulla schiena e spingendoti gentilmente, ma inesorabilmente verso la porta.
    “Certo non è colpa mia se lo siamo. Sei tu che ti sei presentato con mezz’ora di ritardo” puntualizzi mentre percepisci il calore di quella mano attraverso la maglietta sottile.
    “Te l’ho detto Bones, Parker non voleva alzarsi questa mattina e ha fatto un sacco di storie prima che riuscissi a riaccompagnarlo da Rebecca” si giustifica lui e tu non puoi ribattere, quando c’è di mezzo Parker, lui vince sempre
    “Ho chiamato Hank comunque, ha detto di non preoccuparsi per il ritardo, che è una cosa assolutamente informale e che non vedono l’ora che arriviamo.”
    “Lo vedi spesso? Il tuo amico Hank intendo?” gli domandi mentre salite sul SUV di Booth e lui lo avvia immettendosi nel traffico.
    “Non quanto vorrei. Abbiamo entrambi vite molto impegnate” dice lui con uno strano tono di voce.
    Lo guardi per un attimo.
    “E’ una di quelle volte in cui cerchi di evitare un argomento dandomi una risposta che pensi mi soddisfi?” gli chiedi apertamente.
    Lui ti guarda e ti lancia uno di quei suoi sorrisi assassini
    “Stai diventando brava Bones. Comincio a temere di aver creato un mostro!” dice tornando a posare lo sguardo sulla strada.
    “Sei un presuntuoso” gli lanci di rimando “e tengo a precisare che, per quanto la cosa possa sorprenderti, sono il prodotto della fecondazione dell’ovulo da parte di uno spermatozoo di Max e Christine Brennan, non una tua creatura!”
    Ride alla tua uscita e non capisci bene perché, visto che non voleva essere una battuta, ma la semplice constatazione di un fatto naturale ed assodato.
    Restate qualche momento in silenzio, ma non è una quiete dominata dall’imbarazzo, così lanciandogli uno sguardo obliquo decidi di domandarglielo:
    “Perché mi hai invitata a venire a casa del giudice Lutrell? Pensavo non ti facesse piacere rendermi partecipe della tua vita”
    Ti guarda con sguardo genuinamente sorpreso “Non è vero, Bones. Tu fai già parte della mia vita!” protesta.
    “È una bella frase Booth e sebbene abbia l’istinto di ringraziarti, i fatti mi dimostrano che quello che hai detto non è vero” lo dici con calma, guardando il suo profilo, noti che il muscolo massetere sulla sua mascella si contrae appena.
    Si volta a guardati per un attimo prima di riportare gli occhi sulla strada.
    “Finiremo per fare un incidente un giorno di questi se continuiamo a tirare fuori simili argomenti mentre guido” ti fa notare lui e, in un certo senso, intuisci che ha ragione, quel SUV è stato muto spettatore di molte delle vostre stravaganti conversazioni.
    “E pensi che questo incidente avverrà prima o dopo che io abbia ottenuto una risposta?” gli chiedi con un sorriso sulle labbra, ti guarda di nuovo e sorride a sua volta. La sua mascella ha smesso di contrarsi nervosamente, ma lui decide di inforcare gli occhiali da sole, nonostante il sole sia abbastanza alto nel cielo da non colpire i suoi occhi ed infastidirlo mentre guida.
    Si sta forse nascondendo?
    “E’ precisamente per farti partecipe della mia vita che ti ho invitata” la risposta ti coglie di sorpresa.
    È una di quella rare e logiche osservazioni che tira fuori come un gatto dal cilindro... o forse era un coniglio... non ricordi, lasciandoti completamente spiazzata.
    Ti agiti appena sul sedile tirando leggermente la cintura di sicurezza che improvvisamente senti essere troppo stretta.
    “Nervosa, Bones?” ti chiede lanciandoti un’occhiata divertita. Per un attimo pensi di dirgli la verità e di rispondergli che, sì, ti ha resa nervosa. Perché non ti aspettavi una risposta tanto diretta e sincera e perché, nonostante tu non ne comprenda la ragione vuoi davvero far parte della sua vita, come lui fa parte della tua.
    Siete partner, è naturale che sia così. Le vostre vite saranno sempre legate l’una all’altra.
    Vi completate.
    La vostra stessa esistenza a volte dipende da quella dell’altro.
    Perché quindi sapere che lui vuole averti nella sua vita ti agita tanto?
    “Booth.”
    “Sì” dice lui continuando a lanciarti brevi e furtive occhiate.
    “Hai appena saltato la nostra uscita” dici tranquillamente indicando con il dito il cartello autostradale ormai alle vostre spalle.
    “Dannazione” impreca lui tornando a concentrarsi sulla guida “Ti avevo detto di non distrarmi!”
    “Non l’hai affatto detto!” protesti in tua difesa.
    “Era implicito, Bones. Ma tu, come al solito, non l’hai capito!”
    “Se tu ti esprimessi in maniera diretta e senza tanti giri di parole io non avrei problemi ad interpretare quello che dici.”
    “La prossima uscita è tra qualche chilometro... abbiamo allungato di parecchio la strada. Contenta?” ti dice sbuffando.
    “Sì” rispondi e non sai nemmeno come ti sia uscito quel monosillabo, ma ti accorgi che è vero.
    Sei contenta.
    E ti piace il suo SUV, anche se non te lo lascia mai guidare.
    Vi sorridete, rilassandovi sui comodi sedili.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:22
     
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  7. omelette73
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    Autore: Sweet_Violet
    Titolo: La crudeltà degli uomini.
    Pairings: B&B.
    Rating: PG-13
    Summary: Perché noi esseri umani dicidiamo di distruggerci a vicenda? Perché dobbiamo eliminare quelli che chiamiamo "nemici"?
    Disclaimer: Bones non mi appartiene.


    Guerra.

    Una parola orribile, triste. Quando pensi alla guerra che immagine ti viene alla mente?

    Morte.

    Sangue.

    Distruzione.

    Disperazione.

    Dolore.

    Allora se è così brutta, perché continuiamo a farla? Perché noi esseri umani decidiamo di distruggerci a vicenda? Perché dobbiamo eliminare quelli chiamiamo “nemici”?

    Tante domande che affliggono la mente di molte persone, compresi l’agente dell’FBI ed ex-cecchino Seeley Booth e l’antropologa Temperance Brennan. Entrambi hanno vissuto la guerra, seppur in modi diversi. Booth era stato in prima linea, aveva ucciso molte persone malvagie, che avevano tolto la vita ad innocenti. Temperance aveva assistito ad i risultati di quelle pazzie, i genocidi, le pulizie etniche. Aveva riesumato corpi dalle fosse comuni, visto con i propri occhi la crudeltà umana.

    Lui era diventato un cecchino perché voleva punire generali, dittatori, tiranni e salvare così le povere persone di quei paesi tormentati, vere vittime di qualche stupida ideologia politica.

    Nonostante le cose orribili che aveva visto, alla fine della giornata si sentiva soddisfatto del proprio lavoro. Ma quel maledetto giorno per lui fu tutto diverso. Uccidere quel generale era stato un bene, aveva salvato centinaia di vite. Ma quello che non aveva mai dimenticato era il volto di quel bambino. Il figlio di quel mostro. Lui era il ritratto dell’innocenza. Amava il padre, perché quando sei piccolo pensi sempre che i tuoi genitori siano i migliori, le persone perfette, che non sbagliano mai. Ti fidi di loro. E quel bambino si fidava del padre e vederlo morire in quel modo fu tremendo per lui; non sapeva perché lo avevano ucciso, ma probabilmente lo avrebbe capito anni dopo quando, una volta cresciuto, avrebbe saputo chi era il padre.

    Ma per il figlio del generale Radik, il mostro sarebbe stato per sempre l’uomo che aveva ucciso suo padre. Booth.

    E questo non poteva sopportarlo.

    Si sentiva di aver rovinato la vita di quel bambino. Che uomo era, uno che uccideva un padre nel giorno del compleanno del figlio?

    Se lo chiedeva spesso.

    Gli avevano detto che era un eroe.

    Ma lui non ci credeva.

    Solo chi era stato in guerra poteva dire una cosa simile; i militari tendevano a darsi forza l’un l’altro. Quando uccidi, dici che lo hai fatto per la patria, per salvarti la vita. Nessuno dice che hai sbagliato. Così quando Bones gli disse che andava tutto bene e capiva, qualcosa gli scattò dentro: lei doveva sapere la verità, solo così avrebbe potuto giudicarlo per quel che era. Si fidava del suo giudizio.

    -Ad ogni sparo moriamo tutti un po’, Bones.

    Ed era vero. Quel giorno morirono tutti un po’. Booth compreso.

    Brennan gli mise una mano sul braccio: per lei non era un mostro.

    Ed a Booth bastò.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:23
     
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  8. Cris.Tag
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    Autore: elo_93
    Titolo: Un giorno migliore
    Pairings: B&B
    Rating: Per tutti
    Disclaimer: I personaggi citati in questa one-shot non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX
    Summary: - Booth, vedrai. Vedrai, domani sarà un giorno migliore. Per te, per me, per tutti…


    Quel caso era stato particolarmente difficile da gestire.
    Si erano verificate diverse discussioni all’interno del team.
    Angela e Jack, Booth e Bones.
    Zack si era ritirato, come sempre, nella scienza e non si era lasciato influenzare dal delicato argomento che tutti si erano trovati ad affrontare.
    La guerra.
    Da sempre materia di dibattiti e tragiche notizie.

    Hodgins, con le sue teorie di cospirazione, aveva colto la palla al balzo per far avvalere le proprie ipotesi.
    Angela, per contro, non sopportava più quell’atteggiamento e avevano finito per urlarsi contro.

    Booth era stato toccato da vicino. Combattendo nell’esercito come cecchino, non poteva essere obiettivo completamente.
    Bones aveva visto i danni causati dalle guerre nei Paesi sottosviluppati, che si ritorcono contro la popolazione. Aveva lavorato su corpi di bambini, di donne, di tanti. Forse di troppi.

    Jack aveva trovato il coraggio di chiedere scusa ad Angela, capendo così che doveva solo abbassare la sua voce ed ascoltare gli altri.
    E per quanto riguarda Booth e Bones?

    Al funerale della vittima, Devon Marshall, lui le aveva rivelato un episodio importante della sua esperienza militare.
    Aveva ricevuto l’ordine di uccidere un uomo: niente di più semplice. Lo aveva già fatto. E bastava solo premere quel grilletto. Una insignificante leva che toglieva la vita a chiunque fosse sulla linea di tiro.
    L’obiettivo si era recato al compleanno del figlio di sei o sette anni.
    Poteva ancora ricordare la musica e l’espressione del bambino. Cambiato per sempre.
    Nessuno sapeva da dove fosse partito lo sparo, ma tutti sapevano perché.
    Ripensava a Parker, il cuore pieno di mille emozioni. Tristezza, pentimento.

    Inaspettatamente lei gli aveva posato una mano sul braccio.
    ‘Una carezza può fare molto’. Questo era il consiglio che Angela le aveva dato. La voce della sua coscienza, la sua migliore amica.
    Quel gesto, se pur semplice, valeva molto. Per entrambi.

    - Booth, se vuoi possiamo passare da Sid… Forse mangiando qualcosa ti tirerai su il morale.
    - No, voglio solo andare a casa. Ho bisogno di quattro mura che mi circondino.
    - Ok. Ma guido io.
    - D’accordo.
    Si recarono al SUV dell’agente. Questo si buttò sul sedile, stanco sia moralmente che fisicamente per quella giornata.
    Guardava fuori dal finestrino, ma non vedeva niente. Solo la sua immagine riflessa.
    Dopo pochi isolati, Bones accostò e spense il motore.
    Rimasero così, soli nel silenzio dell’abitacolo.
    - Bones, per ciò che ti ho detto prima…
    - Non penso che tu sia un mostro, Booth.
    - Grazie. E allora cosa pensi di me?
    - Penso che tu sia un uomo fedele alla propria patria, un buon padre, un buon partner, ma soprattutto un ottimo amico e un grande uomo.
    - Grazie… - disse buttando fuori l’aria, come un sospiro.
    - Comunque, siamo arrivati.
    Lei stava per scendere, una mano sulla maniglia e un piede pronto a toccare l’asfalto.
    Booth le afferrò un braccio.
    - Resta qui con me, Temperance.
    - D’accordo, Seeley.
    Il suono di quei nomi usati in rare circostanze, li fece sorridere.
    L’agente si fece di nuovo serio.
    - Resta qui con me, per sempre.
    Non l’aveva mai guardata così. Era uno sguardo che penetrava fino alle ossa.
    - Scusa, non avrei mai dovuto dire questo.
    Si sentiva strana. Non aveva mai provato niente del genere in tutta la sua vita.
    - No, forse no.
    Non era agitata, o contrariata. Solo comprensiva, i lineamenti dolci, rilassati.
    - Booth, vedrai. Vedrai, domani sarà un giorno migliore. Per te, per me, per tutti…
    - Un giorno migliore… - Si ripeté lui a bassa voce, come per trattenere quelle parole dentro sé per l’eternità.
    - Sì. Decisamente un giorno migliore.
    Si volò per guardarla. Non era mai stata così bella. Le posò delicatamente un bacio all’angolo della bocca.
    - Sì, migliore.

    Edited by omelette73 - 27/7/2009, 09:23
     
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  9. omelette73
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    Complimenti a tutte quante, davvero difficilissimo scegliere.
    Anche se ammetto di avere già delle preferenze!
     
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  10. FrancyBB
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    Complimentissimi a tutte quante!!!
     
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  11. Chemistry
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    Bravissime tutte :clap:
    Il lunedì solitamente è il giorno che meno amo della settimana, ma da quando c'è l'appuntamento con la lettura delle oneshot è decisamente migliorato!
     
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  12. cinziott@
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    CITAZIONE
    Bravissime tutte :clap:
    Il lunedì solitamente è il giorno che meno amo della settimana, ma da quando c'è l'appuntamento con la lettura delle oneshot è decisamente migliorato!

    ...COMPLETAMENTE D'ACCORDO!!!!
     
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  13. lotus in dream1927
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    Riuscite sempre a prendere spunti differenti per creare ottime one shot che risultano in character!Brave, sempre e comunque!
     
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12 replies since 20/7/2009, 07:54   657 views
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