BST Round 11: 2x14

Manomissione di prove

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    Autore: Kwe08
    Titolo: Tango della gelosia
    Pairing: B&B
    Rating: PG-13
    Summary: Amore vuol dire gelosia, nessuno lo sa più di me
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX. Il verso della canzone che fa da summary alla oneshot è tratto dalla canzone “Tango della gelosia” di Adriano Celentano.
    Nota dell’autrice: I toni della oneshot, la caratterizzazione dei personaggi, lo svolgersi delle vicende, sono volutamente tenuti sopra le righe, per sperimentare un genere diverso.

    Tango della gelosia

    “E' solo che non capisci”.
    “Che cosa? Ti sto chiedendo un consiglio da uomo, tu sei un uomo. Cosa c'e' da capire?”.
    “Prima di tutto, gli uomini non chiedono consigli e, secondo, ...non ti aiuterò a portarti a letto la mia partner”.
    “Perché no? Non è perché la vuoi tu. A meno che... Tu la vuoi?”
    “Dai, andiamo, huh? Bones e', lo sai... ..e' la mia partner”.
    “Oh... Ecco perché hai bisogno di cure psichiatriche, perché hai i bollori per la tua partner!”.
    “Non sono sotto cure psichiatriche. Ok? Si tratta di una valutazione. C'e' una grossa differenza”.
    “Posso dirti che Brennan è un tipo "vacci-piano", ma tu mi devi aiutare sul quanto piano... perché troppo piano e' peggio che non abbastanza piano”.


    Guidando sulle strade di Washington, Seeley Booth ripensava alla conversazione avuta poche ore prima con il suo collega Tim Sullivan, detto Sully.
    Da oggi, Tim Sullivan, detto l’idiota.
    In un futuro molto prossimo, forse: Tim Sullivan, detto l’idiota senza mani, dato che avrebbe provveduto lui stesso a staccargliele di netto se solo le avesse allungate su Bones.
    Respirò profondamente.
    Era necessario incanalare quella rabbia in qualcosa di costruttivo.
    Abbandonare gli impulsi idioticidi a favore di impulsi di altro tipo.
    Impulsi di natura assai più interessante.
    E piacevole.
    Sorrise pensando a quel che stava per fare.

    Un attimo prima di suonare alla porta dell’appartamento di Bones, fu colto da un’ondata di panico.
    Respirò di nuovo profondamente.
    Avrebbe potuto tranquillamente diventare testimonial di quelle famose caramelle balsamiche.
    Libera naso e gola.
    Libera il maschio alpha che c’è in te.
    Liberati.
    Scatenati.
    Datti alla pazza gioia.
    Certi impulsi vanno assecondati.
    Lo diceva il suo terapista.
    Ehm… lo psicologo che lo stava valutando.
    Si attaccò al campanello facendolo suonare a mo’ di sirena.
    Con ‘sta pioggia e con ‘sto vento chi è che bussa a ‘sto convento?
    No, ecco…
    Quella battuta non c’entrava proprio niente.
    Non c’era pioggia.
    Non c’era vento.
    E quanto al convento…
    Beh, tu apri, Bones, e se tutto va bene ti faccio cantare l’Alleluja…
    Con buona pace dei monaci del convento.
    La porta venne aperta.
    “Booth, che ci fai qui? Io sto per uscire. Vado a vedere Sully…”.
    Non riuscì a terminare la frase per la sorpresa che la colse nel vedere entrare Booth in casa con un certo impeto e chiudere la porta con un sonoro slam.
    Niente, comunque, se paragonato alla sorpresa che provò quando, subito dopo, lui le si avvicinò e le coprì le labbra con le proprie, muovendole con sensualità fino ad approfondire il bacio.
    Quando questo aumentò di intensità, le sembrò di sentire le campane.
    Alleluja!
    Alleluja!
    Alleluja!
    Joy to the world!

    Quando si staccarono per riprendere fiato, le labbra arrossate, i respiri ansimanti, Booth rimase in silenzio guardandola con occhi di fuoco, lei disse solo la prima cosa che le venne in mente.
    “Booth… la tua cravatta… funziona!”.
    E, aggrappandosi alla suddetta cravatta, lo attirò nuovamente a sé per un altro bacio.
    Continuarono a baciarsi fino a quando, insieme a loro, tutti i cori dei cherubini, dei serafini e anche degli arcangeli iniziarono a intonare inni di gloria.
    E di felicità.
    E di amore.
    Al suono insistente del campanello, si allontanarono un po’.
    “Deve essere Sully”, disse Bones col fiato corto. “Doveva passarmi a prendere”.
    “Vado ad aprirlo”, rispose Booth con tranquillità.
    Bones si soffermò un attimo a valutare l’opzione: “Qualcosa nelle tue parole mi suggerisce che è meglio che vada ad aprire io”.
    Si voltò e andò alla porta, socchiudendola quel tanto che bastava per farsi vedere da Sully e parlare con lui.
    “Temperance… sei… bellissima… ecco, forse un po’ spettinata e… il rossetto è dovunque tranne che sulle labbra… ma… ecco… sì… sei bellissima… Vuoi sistemarti un po’ prima di andare?”.
    “No, Sully”.
    “Non ti vuoi sistemare… va bene… non ci formalizziamo…”.
    “No, Sully, intendevo dire che non verrò a vederti giocare, scusami”.
    “Ah… come mai, non ti senti bene?”.
    “Al contrario… sto davvero benissimo… se venissi con te non starei più bene e… temo che non staresti bene neanche tu”, spiegò lei, con logica stringente.
    “Che dici, Temperance, io con te sto benissimo!”.
    Una voce giunse dell’interno dell’appartamento: “Parla delle tue ossa, Sully, sono loro che non se la passerebbero bene”.
    Bones tossì leggermente. “Lui sa sempre spiegare i concetti meglio di me”.
    Si voltò un attimo verso Booth: “Sai sempre spiegare i concetti meglio di me”, gli disse, con un sorriso luminoso e svenevole.
    Riscuotendosi dall’estasi momentanea in cui era caduta, Bones si ricordò dell’esistenza di Sully.
    “Sully…”.
    Si sporse un po’ fuori dalla porta.
    “Sully?...”.
    Guardò a destra, poi a sinistra, poi rientrò, chiudendo la porta.
    “Mi sa che se ne è andato”, annunciò, con espressione colma di dispiacere.
    “In fondo è meno idiota di quanto pensassi”, considerò Booth con un sorrisino. “Vieni qui, adesso…”.

    Edited by omelette73 - 31/8/2009, 09:41
     
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10 replies since 24/8/2009, 07:29   638 views
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