BST Round 14 3x15

L’ultimo discepolo

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  1. omelette73
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    Autore: Cris.Tag
    Titolo: Quella volta che la logica della birra batté la scienza
    Pairings: Brennan e Booth, Sully
    Rating: NC13 per il linguaggio
    Frase simbolica: “non hai ancora capito che non puoi metterle fretta?”
    Disclaimer: non mi appartiene niente


    La logica della birra
    E fu così che venne a conoscenza della finta morte di Booth.
    Era stata tutta una messa in scena per catturare l’ennesimo criminale e rendere il mondo un posto migliore.
    Però la sensazione che l’aveva invasa non le era piaciuta per niente. Si era sentita di nuovo sola e come sempre avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo. Contando solo ed esclusivamente sulle proprie forze. Nessuno avrebbe mai potuto prendere il posto di Booth.
    Era immersa nei suoi pensieri quando sentì una voce provenire dalla porta del suo ufficio. Una voce che aveva imparato a conoscere e che le aveva chiesto di dare molto di più di quanto lei avesse mai chiesto a se stessa.
    “Bren, che ne dici di uscire a bere qualcosa?”
    “No, grazie Sully, ma proprio non posso. Ho del lavoro da sbrigare.”
    “Andiamo...”
    “Sono contenta che tu sia tornato ma chiaramente le cose per me non sono cambiate.”
    “Già, il tuo lavoro conta sempre più di tutto, non è vero?”
    “Esattamente. Ho un dovere da compiere e non posso permettermi distrazioni.”
    “Una birra non è una distrazione. Ma conosco quello sguardo e so che nulla ti farà cambiare idea, vero?”
    “E’ passato molto tempo, Sully. Molte cose sono cambiate.”
    “Per me nulla è cambiato, Tempe.”
    Si sentì a disagio per questa affermazione perché non era sicura di averne compreso bene il senso. In situazioni come queste le bastava guardare in direzione di Booth e trovare una spiegazione.
    Booth... già. Stranamente non riusciva a smettere di pensare a lui e la sua rabbia crebbe sempre di più. Perché l’aveva tenuta all’oscuro di tutto? Perché non l’aveva avvisata? Era perché non si fidava più di lei?
    “Devo andare. E’ stato un piacere rivederti.” Non gli diede il tempo di replicare e se ne andò in direzione dell’archivio modulare degli scheletri, pensando nel frattempo a cosa fare con Booth.

    La musica di sottofondo faceva da cornice a quella che sembrava una festa in corso al solito bar. Fiumi di birra scorrevano dalla spillatrice per ristorare uomini in perfetti completi scuri, senza cravatta e con i primi bottoni delle camicie slacciate.
    “Ehi, amico, posso brindare alla tua?” Sully alzò il boccale mezzo vuoto in direzione di Booth.
    “Hai già brindato per me Sully.” La verità era che non riusciva a trovare la forza per sollevare il suo bicchiere. E poi la sua vista era appannata e il contenitore di vetro non ne voleva sapere di stare fermo.
    “Ma sono felice per te, Booth!”
    “Non potevi restartene... disperso ovunque stavi?”
    “Non mi sarei perso il tuo funerale per niente al mondo!”
    “Se solo non avessi bevuto così tanto probabilmente ti prenderei a schiaffi per la gentilezza, lo sai?”
    L’ex agente si mise a ridere “Sai che ti dona molto il livido che ti hanno disegnato su quella tua brutta faccia?”
    “Vedo che il caldo e il sale non ti hanno mandato in rovina il senso dell’umorismo.” Si concentrò sul bicchiere e se lo portò alle labbra. La condensa fredda provocata dalla birra gli diede un attimo di sollievo.
    “Mi spieghi che cosa le hai fatto per farla arrabbiare così tanto?”
    “Io non ho fatto nulla, è stato quell’idiota di Sweets che non le ha detto un accidenti. E sai una cosa? Lei non è arrabbiata con lui, ma con me.” Sbuffò. “Però prima ha fatto irruzione in casa mia, mentre ero nella vasca da bagno, e ha detto che ha trovato molto gradevole la mia mancanza di pudore.”
    “Oh, amico... e così ha avuto modo di vedere tutta la mercanzia?”
    “Ma perché la gente crede che io faccia il bagno vestito?”
    “A questo punto devo proporre un altro brindisi allora. A Bren, così intelligente e bella da non cadere in tentazione nemmeno se vede un uomo nudo.”
    “Continuo a non capire che cosa abbia visto in te di così interessante. Era così... talmente coinvolta che il pensiero di venire con te non l’ha mai nemmeno sfiorata.”
    “Tu non hai mai avuto le palle per sfiorarla.” Puntò il suo dito contro l’uomo che stava seduto di fronte a lui mancandolo e rischiando di cadere dallo sgabello.
    “Ne sei convinto?”
    “Oh oh... dimmi che l’hai baciata amico e questa sera offro io.”
    “Certo che l’ho baciata! O non mi chiamo Agente Speciale Seeley Booth.” Centellinò l’ultimo sorso di birra. Ne aveva abbastanza di quella serata e non vedeva l’ora di tornarsene a casa e buttarsi sul letto per una confortante dormita fra le sue quattro mura.
    “Non ci credo. Quant’è vero Iddio non ci credo.”
    “E come potrei dirti che bacia in maniera... antropologicamente perfetta?”
    “Ha fatto anche a te quella cosa... ?” con il dito indice fece un piccolo cerchio attorno alle proprie labbra, sbalordito quando vide il cenno di assenso provenire da Booth.
    “E’ stato un bacio incredibile.”
    “Credo che dovrei proporre un altro brindisi ma non ne vedo la necessità.”
    Il sorriso stampato sulle labbra del federale non se ne andò, mentre pronunciava “e questo ti rode... oh se ti rode!”
    “Amico, io almeno ho avuto il coraggio di giocare le mie carte.”
    “E hai perso la miglior mano che tu abbia mai avuto in vita tua, Sully. In verità non hai mai capito un accidenti di lei, tu e tutti gli altri che le ronzano intorno, suo padre e Sweets compresi.”
    “Oh, e adesso mi dirai che solo tu hai la capacità di capirla, non è vero?”
    “Le mettono tutti fretta... poi tocca a me raccogliere i pezzi del suo cuore.”
    “E così fai la parte del salvatore della patria, eh? Te la dico io una cosa, Booth, lei non è venuta con me solo per il lavoro, tu non c’entri niente! Non è innamorata di te. Fatti passare i bollori per lei perché se andrai avanti così te la farai scappare dalle mani.”
    “Ehi, guarda che io non ho mai detto di essere innamorato di lei!”
    “Ancora meglio, perché ho intenzione di tornare alla carica. Sono sicuro che con le parole giuste cadrà di nuovo ai miei piedi.”
    “No, non le spezzerai di nuovo il cuore. Non te lo permetterò.”
    “Chi sei tu per dirmelo? Stai facendo la parte dell’amica del cuore per caso?”
    “Chiudi la bocca, Sully.”
    “Altrimenti?”
    “Altrimenti questo!” Era ubriaco, faceva fatica a reggersi in piedi, tutto il locale stava girandogli attorno... ma colpì la faccia di Sully rovinando il suo sorriso.” E poi lei non cade ai piedi di nessuno, è chiaro?”
    La rissa durò poco, giusto il tempo di qualche pugno ben assestato sulla faccia dell’altro e sotto la cinta.
    Erano per terra, attorniati dagli altri agenti che incitavano ora l’uno ora l’altro. Nessuno era intervenuto per dividerli. Solo una voce di donna li fece voltare tutti.
    “Tempe!”
    “Bones.”
    “Si può sapere che cosa state facendo?”
    “Si è trattato solo di uno scambio di opinioni fra amici.” Booth si sollevò aggrappandosi allo sgabello su cui era rimasto seduto fino a pochi istanti prima e aiutò Sully a fare altrettanto. Gli altri agenti, visto che lo spettacolo era finito, decisero di andarsene a casa, lasciandoli soli.
    “Tempe, dimmi una cosa. È vero che tu e Booth vi siete baciati?”
    “Perché lo vuoi sapere?”
    “E’ per una scommessa.”

    Brennan chiamò un taxi per Sully e poi si voltò verso Booth, seduto sul sedile della sua auto, con gli occhi chiusi, come se dormisse. L’antropologia le dava le risposte di cui aveva bisogno. Forse sarebbe stato più facile affrontare la morte di Booth che lottare contro il senso di stordimento che provava in quel momento nel guardarlo vivo. Aveva rischiato altre volte di perderlo, perché questa volta faceva più male?
    Lo accompagnò fin dentro casa, ormai sapeva dove teneva la chiave di scorta, e lo fece sedere sul divano. Poi andò a prendergli del ghiaccio da mettere sulla faccia e una birra per lei.
    “Colpito due volte nello stesso giorno e nello stesso punto... chissà quando la mia faccia tornerà normale” disse massaggiandosi la mandibola.
    “Perché avete fatto a pugni?”
    “Bones... sono cose fra uomini, non capiresti.”
    “Booth, non devi più mentirmi, lo sai. Voglio sapere perché tu e Sully vi siete picchiati. E poi perché gli hai detto che ci siamo baciati, omettendogli il fatto che ci è stato chiesto dalla Julian...”
    “Bones... ha senso per te la parola ubriaco? No, perché io non credo di essere molto consapevole di quello che dico o faccio in questo momento. Mi è scappato e basta.”
    “Booth!” Lo disse con quel suo tono che non ammetteva repliche e lui in quel momento seppe solo che doveva dirle la verità e giocare le sue carte. “Vuoi la verità, Bones?”
    Brennan si accucciò di fronte a lui bevendo un sorso di birra e gli mise il ghiaccio sulla guancia destra, in attesa della sua risposta.
    “L’ho fatto perché è stato uno stronzo.”
    “Non capisco Booth.”
    “Perché non doveva chiederti di scegliere fra lui e la tua vita, Bones.” Era riuscito a dirle quello che da tempo pensava, aiutato dall’ubriacatura che gli aveva appannato il cervello.
    “Grazie.” Si mise in ginocchio e si avvicinò di più a lui, fra le sua gambe allargate.
    “E di cosa?”
    “Perché tu non me lo avresti mai chiesto, Booth.”
    “Non capisco molto in questo momento, Bones, però che ne dici di mettere il ghiaccio dalla parte giusta?”
    La donna sollevò la borsa del ghiaccio per poterla sistemare sul lato sinistro del volto, prima di farlo però appoggiò delicatamente le labbra dove si stava evidenziando l’ematoma.
    “Questo è decisamente meglio di qualsiasi cosa, anche del ghiaccio.” La guardò intensamente, non sapendo più cosa dire o cosa fare. Per due settimane non l’aveva sentita, non l’aveva vista … e aveva pensato di impazzire.
    Brennan in tutto quel periodo aveva solo cercato un altro luogo dove poter ricominciare, proprio come gli aborigeni australiani che aveva citato a Sweets. Aveva pensato di andarsene sul serio.
    Nulla aveva più senso senza l’altro.
    E fu per questo motivo, senza dirsi nulla, che guardandosi negli occhi decisero che era giunto il momento di baciarsi di nuovo, senza nessuna costrizione o nessuno sguardo indagatore. Fu un bacio lento e deciso, come se non avessero voluto fare altro nella vita. Denso e significativo, pieno di dolore e di richieste di perdono.
    Per un attimo la sua testa tornò a girare, ma questa volta a causa della donna che stava appoggiata sul suo petto. “Quello che so è che non ti chiederei mai di lasciare ciò che ami di più, Bones.”
    “E’ stato solo un bacio, non ho mai detto di amarti.”
    “Mi stavo riferendo al tuo lavoro, alla tua vita. Anche se non sono proprio così sicuro che tu non abbia altri interessi.” Fece scivolare la mano dalla sua guancia verso la base del collo e l’avvicinò di più, per sentire ancora il sapore buono del bacio e le sue curve morbide che lo facevano impazzire.

    “Bones, ma ci hai mai pensato?”
    “A cosa?”
    “Non sarebbe strano se capitasse a noi?”
    “Di cosa stai parlando? Sei ancora ubriaco?”
    “Voglio dire... se Sully avesse ragione? Se ci innamorassimo... noi due... se scoprissimo di essere innamorati.”
    “Impossibile.”
    “Già.”
    “Torna a dormire, Booth.”
    “D’accordo, ma tu non te ne vai, vero?”
    “No, Booth. Questa notte rimango con te.”
    “Anche domani?”
    “Sì, anche domani.”
    “E dopodomani?”
    “Dormi, Booth.”
    Tornò ad abbracciare la donna che era sdraiata accanto a lui nel proprio letto e riprese a dormire serenamente. In fin dei conti quello che era appena iniziato era la condivisione concreta del loro rapporto emotivo che li legava. Le parole in quel momento non contavano, si erano detti tutto ciò che avevano bisogno di sentire. Il resto lo avrebbero affrontato in seguito. Insieme.
    Sicuramente senza birra.

    Edited by omelette73 - 21/9/2009, 08:52
     
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  2. Cris.Tag
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    Autore: Lathika
    Pairing: nessuno
    Rating: Per tutti
    Summary: Zach, era Zach l’apprendista di Gormogon.
    Disclaimer: I personaggi della serie televisiva Bones non mi appartengono. Sono di proprietà della Fox e di chi ne detiene i diritti.

    Il quaderno

    L’acqua scorreva lentamente riempiendo la vasca. Nuvole di vapore inondavano la stanza da bagno spargendo profumo per tutta la casa. Appoggiò il bicchiere di vino rosso sul bordo della vasca e si preparò ad entrare. Togliendosi quel vestito più adatto ad un cocktail presso un Golf Club esclusivo che ad un laboratorio forense, pensava che era proprio giunta ora di scrollarsi di dosso tutte le brutture e le tensioni degli ultimi giorni. Scivolò lentamente nella vasca piena di schiuma non prima di aver alzato il volume del piccolo stereo che stava suonando un disco di improvvisazioni Jazz accompagnati dalla calda voce di Dinah Washington.
    Fece un lungo sospiro e bevve un sorso di vino.
    Stava cercando di ripensare a tutto quello che era successo negli ultimi giorni. Non aveva neanche avuto il tempo di riprendersi dalla sorpresa per la finta morte di Booth, che si erano trovati di fronte ad una nuova vittima di Gormogon. Poi c’era stata l’esplosione nel laboratorio come diversivo per poter accedere alla cassaforte e rubare lo scheletro d’argento. Da tutto questo erano sorte le relative indagini che avevano portato solo squilibri e sospetti reciproci. Non le piaceva affatto il clima che si era creato nel suo staff ed il fatto che uno di loro o lei stessa potessero essere coinvolti in questo folle piano le era parso assurdo. Forse per questo stavolta si era fatta ingannare dal suo “sesto senso” cercando di allontanare l’aura di colpevolezza dalla sua squadra ed indirizzandola verso l’unico che in fondo era sempre fra i piedi ma non faceva parte della famiglia: Sweets.
    Le sembrava inconcepibile che uno di loro potesse essere il discepolo di Gormogon o addirittura Gormogon stesso. La Julian aveva insinuato che con la sua carica poteva avere accesso ai sistemi di sicurezza mettendola in cima alla lista dei sospettati. Ma la cosa era degenerata con quello che Booth e la Dottoressa Brennan le avevano detto riguardo ai sospetti su Hodgins da parte di Sweets ed ecco che anche lei si era ritrovata intrappolata in questo gioco perverso dell’”è stato…” gettando discredito sul giovane psicologo. Ma come una pulce nell’orecchio il nome di Hodgins le si era insinuato dentro e non aveva potuto fare a meno di trasalire quando si era ritrovata faccia a faccia con lui in laboratorio. Razionalmente aveva cercato di dirsi che è vero che il Dottor Jack Hodgins era un paranoico e chi meglio di lui conosceva le dinamiche che si muovevano nell’ambiente delle società segrete, ma sapeva che era anche un uomo fedele alla scienza, alla verità, al suo lavoro e al Jeffersonian.
    Ma con il passare del tempo la rete si era stretta attorno al suo team, prima con la scoperta che gli scheletri delle varie vittime venivano nascosti nel Limbo e poi quell’errore di valutazione di Zach che tanto aveva sconvolto la Dottoressa Brennan.
    Ma lei non aveva avuto neanche una minima avvisaglia di quello che stava per accadere.
    Veder arrivare Booth e Brennan in quella stanza di ospedale le aveva gelato il sangue nelle vene. Stava leggendo a Zach strane formule con sgabelli giapponesi e pesci grassi e all’improvviso ecco che si era ritrovata di fronte a colui che aveva creato tutto questo pandemonio. Era così sconvolta che non aveva potuto far altro che dire che questo non lo aveva proprio previsto ed era scappata via. In quel momento era l’unica cosa che voleva fare. Voleva scappare da quel clima pesante fatto di paure e sospetti, voleva scappare da quella notizia così sconvolgente.
    Zach, era Zach l’apprendista di Gormogon.
    Aveva probabilmente ucciso uno o più uomini e ne aveva mangiato la loro carne. Come era possibile tutto questo? Lui, che fino a quel momento considerava il cucciolo del clan, sempre così indifeso, così semplice tranne che per la sua logica ed intelligenza che non sempre lei, poliziotto nell’anima, era riuscita a cogliere.
    Poi era dovuta correre al laboratorio per dare la notizia ad Angela e al Dottor Hodgins. Vedere le loro facce sbigottite e poi addolorate l’aveva ulteriormente provata.
    E dopo erano arrivati l’uccisione di Gormogon e l’accordo fatto da Zach con Caroline Julian che gli avrebbe procurato un soggiorno a vita in un ospedale psichiatrico risparmiandogli la prigione.
    Ed infine si erano ritrovati tutti al laboratorio ognuno con il proprio sguardo perso di fronte alle cose che erano appartenute a Zach. Al diavolo era furiosa, come può un ragazzo così intelligente farsi abbindolare in quel modo! “Logica.”, aveva detto la Dottoressa Brennan, l’unica forse ad avere pieno accesso alla mente di Zach. Ma lei aveva preferito dare ragione alla Julian: Una personalità debole che si lascia sopraffare da una forte e quest’ultima ne trae vantaggio.
    Ognuno di loro era seduto a quel tavolo incolpandosi di quello che era successo. Perché alla fine era stato uno di loro, uno della famiglia e ciascuno si sentiva responsabile. La feriva tutto questo dolore ed era stata la rabbia a farle dire che in fondo Zach era un uomo adulto capace di intendere e di volere. La responsabilità era solo sua e doveva restare chiuso a vita per quello che aveva combinato. Erano parole dure è vero, ma il peso che sentiva nel cuore era insopportabile, e quello era il suo modo di reagire di fronte al dolore. Lei e la sua squadra erano rimasti un po’ assieme a contemplare quelli che erano gli effetti personali di Zach, oggetti irrimediabilmente legati ad ognuno di loro. La dottoressa Brennan si era allontanata visibilmente sconvolta. Per lei il colpo doveva essere particolarmente forte, visto l’attaccamento che aveva nei confronti di Zach. Booth le era corso appresso. Sicuramente aveva trovato la cosa giusta da dire visto che poco dopo erano tornati, anche se lei con gli occhi arrossati e lui con un’espressione abbattuta.
    Aveva circondato con lo sguardo quella che ormai considerava la sua famiglia e aveva annunciato che tutti loro avevano bisogno di una settimana di ferie per riprendersi da questa brutta avventura.
    Lei aveva deciso di andarsene a New York a fare incetta di musical a Broadway, nella speranza di ritrovare l’energia adatta a ricompattare la sua squadra. Sarebbe stata dura. Superare il dolore, ricreare l’equilibrio e la fiducia reciproca avrebbe richiesto tempo e tanta pazienza e lei doveva essere pronta a tenere il timone di questa nave alla deriva.
    Il disco aveva smesso di suonare già da un po’ di tempo, il bicchiere giaceva vuoto sul bordo della vasca e l’acqua si era raffreddata. Decise che era ora di uscire. Indossò il suo accappatoio color panna e si diresse in camera da letto. Nella borsa appoggiata sul letto prese il biglietto aereo che aveva comprato poco prima, un pacchetto di sigarette e quel quaderno blu con le formule di Zach che era rimasto lì dentro. Arrotolò con cura il quaderno dopo avergli dato un’ultima occhiata e lo ripose nell’ultimo cassetto della scrivania dove erano custoditi i suoi ricordi più cari. Il libro di Zach trovò posto accanto al portasale a forma di gattino.
    “Buona fortuna, Zacharoni”, disse Camille Saroyan chiudendo il cassetto, il volto rigato dalle lacrime.

    Edited by omelette73 - 21/9/2009, 08:52
     
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  3. omelette73
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    Autore: Allanon9
    Titolo della one-shot: Cuori spezzati.
    Pairings: B&B
    Rating: Per tutti
    Frase simbolica: “Anche tu mi tradirai.” “No, non lo farò.”
    Desclamair: Bones non mi appartiene.

    Temperance teneva la testa ancora appoggiata sulla spalla di Booth, gli occhi chiusi e un terribile vuoto nel petto.
    Zack, il suo caro Zack, era stato l’apprendista di Gormogon e loro non se n’erano accorti, lei non se n’era accorta.
    Un immenso senso di colpa la invase.
    Zack era stato il suo grad student, il suo pupillo. La sua preziosa intelligenza aveva permesso, a lei e Booth, di lavorare più liberamente sul campo. Di lui si fidava ciecamente e l’aveva tradita.
    Una lacrima silenziosa le scese lungo la guancia. Anche Zack, come Booth e come i suoi genitori. Con rabbia si asciugò gli occhi, sollevandosi di scatto e sorprendendo Booth, che trasalì.
    “Bones...” le sussurrò deglutendo forte.
    “Sto bene Booth, non ti preoccupare. Mi accompagneresti a casa?” gli chiese alzandosi e cominciando a scendere le scale.
    “Bones, forse se ne parlassimo...” continuò lui, seguendola mentre scendeva.
    “Non c’è nulla di cui parlare Booth. Supererò anche questa. Ora Zack sarà curato come si deve e…”
    Non finì la frase, le braccia di Booth la circondarono da dietro, calde e protettive.
    “Mi dispiace Bones, per tutto.” Le sussurò all’orecchio, la voce resa roca dall’emozione.
    Lei chiuse gli occhi beandosi di quella calda sensazione di benessere che le procurava stare fra le braccia di Booth. Non l’aveva più toccato da quando i paramedici avevano separato le loro mani intrecciate al prontosoccorso due settimane prima.
    Quel pensiero la spinse a respingerlo.
    “Non è colpa tua Booth.”
    Il giovane rimase un attimo fermo sulle scale, le braccia lungo i fianchi, sconfitto.
    Quindi ripreso il controllo di sé la seguì.
    La lasciò sotto il portone di casa, si rendeva conto che Brennan aveva bisogno di tempo e spazio per metabolizzare tutti gli eventi che si erano succeduti in quegli ultimi giorni.
    Salita a casa, Temperance si fece una doccia calda e i suoi muscoli si rilassarono; si preparò una tazza di tè e si accoccolò sul divano.
    Le due persone più importanti per lei, dopo i membri della sua famiglia, l’avevano crudelmente tradita.
    Ricordò la conversazione avuta con Booth qualche mese addietro: Anche tu mi tradirai.
    Gli aveva detto lei, tra un bicchierino di whisky e l’altro. Lui aveva scosso la testa e l’aveva rassicurata: No, non lo farò.
    Ed invece era accaduto.
    Aveva finto la sua morte e non l’aveva avvertita, lasciandola sola ad affrontare un nuovo grande dolore.
    Certo molta responsabilità spettava a Sweets, il loro psicologo, ma questo non toglieva che la rabbia che aveva provata nel vederlo vivo e vegeto, in quel cimitero, aveva superato di gran lunga la gioia.
    Non l’aveva abbracciato, non gli aveva detto quanto fosse felice di vederlo sano e salvo anzi, gli aveva dato un pugno così violento che, nonostante Booth fosse un uomo alto e forte, era volato a terra.
    E poi, prima che potesse riaversi dallo shock, ecco il tradimento di Zack.
    Un dolore sordo nel petto la colse. Il solo nominarlo la spezzava , simbolicamente almeno.
    Rilzò il mento e strinse le labbra. Basta, lei era la razionale Antropologa di fama mondiale Temperance Brennan e non avrebbe permesso che la delusione offuscasse il suo raziocinio.
    Sorrise debolmente.
    Sarebbe andata avanti anche senza Zack, sapeva di potercela fare e l’avrebbe fatto. Ma senza Booth?
    Non si soffermò a riflettere. Booth era vivo, non era necessario porsi questo quesito.

    Booth parcheggiò il Suv sotto casa e salì al suo appartamento.
    Silenzio. Questa era stata la sua vita in quei lunghi quindici giorni, silenzio e solitudine.
    Aveva dovuto guarire da solo, lontano da casa, senza il calore della presenza di suo figlio o di... Bones.
    Anche a lui faceva male il cuore.
    Non era riuscito a farle capire che nasconderle la sua guarigione era stata una priorità di qualcun altro,non la sua. Bones non aveva versato neanche una lacrima al suo funerale.
    Entrò nella doccia e sospirò al contatto dell’acqua calda che gli scorreva sul corpo.
    La ferita gli faceva un po’ male, ma non tanto quanto il cuore.
    Quando l’aveva vista al cimitero correre in suo aiuto era sicuro che... di cosa era sicuro? Che l’avrebbe abbracciato stretto? Che gli avrebbe detto cosa? Che era felice di vederlo, che lo amava e non poteva vivere senza di lui?
    In quei quindici maledetti giorni aveva sognato spesso di confessarle il suo amore e immaginava che lei, magari prendendolo un po’ in giro per il lato romantico del suo carattere, gli avrebbe detto in quel suo modo un po’ rude che lo ricambiava.
    Sogni. Sogni infranti su quel doloroso pugno che lei gli aveva sferrato sulla mascella.
    E poi Zack. Scoprire che era lui l’apprendista di quel bastardo li aveva sconvolti e addolorati.
    Sì, anche lui aveva sentito un forte dolore nello scoprirlo, si era affezionato e non poco a quello strambo ragazzo, in quei tre anni nel quale sì e no, si erano scambiati una trentita di parole.
    Non poteva dimenticare che, in quel primo strambo Natale,passato chiuso con i suoi Squint al Jeffersonian, lui gli aveva regalato il suo Robot per darlo a Parker.
    Oh Dio, avrebbe dovuto parlare con quel ragazzo al suo ritorno dall’Iraq.
    Lui sapeva come ci si sentiva dopo aver visto tutto quel dolore e quella morte. Eppure era stato troppo preso da lei, dal convincerla a tornare con lui sul campo.
    Chiuse l’acqua e si stese ancora gocciolante sul letto, troppo esausto anche per asciugarsi.
    Basta Seeley, troverai il modo per rimediare, lo fai sempre.
    Disse a sé stesso.
    “Solo che no so come fare.” Sussurrò alla stanza vuota, scivolando nel sonno.

    Quella notte entrambi dormirono male e fecero sogni pieni di rimpianti.
    All’alba Temperance si disse che, se voleva andare avanti, doveva mettere il cuore in una scatola.
    Invece Booth pensò che forse, se avesse cercato di aprire di più il suo cuore, un giorno avrebbe distrutto la corazza che avvolgeva la sua partner.

    Edited by omelette73 - 21/9/2009, 08:53
     
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  4. Cris.Tag
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    Autore: kew08
    Titolo: Ancora vivo
    Pairing: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: Sono vivo. Grazie per essere venuti al mio funerale.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX.


    Ancora vivo


    Triste.
    È questo il primo aggettivo che viene in mente pensando a un funerale.
    In condizioni normali.
    Ma non è decisamente questo il caso.
    Strano.
    Spettacolare.
    Così è stato il funerale di Seeley Booth.
    Sono appena tornata a casa e non riesco a smettere di pensare a quel che è successo al cimitero.
    E sorrido.
    No.
    Rido.
    Mi butto sul divano e quasi mi vengono le lacrime agli occhi per quanto sto ridendo.
    Comincia a risuonarmi nella mente la voce di Caroline Julian, il mio capo.
    L’ho accompagnata io stessa al funerale, penso sia stata una delle poche volte in cui l’ho vista… fragile.
    Risento le parole del suo discorso di commemorazione.
    Raramente ha speso parole simili per qualcuno.
    Ad ogni sua frase l’ammirazione per quell’uomo cresceva in me.
    Presto la mia attenzione si è rivolta alla donna che aveva cominciato a parlare senza curarsi di tenere un tono basso.
    Chi non conosceva Temperance Brennan?
    In quegli ultimi anni la sua popolarità nell’ambiente forense era cresciuta a dismisura.
    Ma per la prima volta sono riuscita a vederla di persona.
    La sua bellezza e la sua fama in quel momento sono passate in secondo piano.
    Quella donna era rabbia.
    Pura rabbia che respirava.
    E dolore.
    L’ho riconosciuto.
    Avrebbe voluto morire al suo posto.
    Si chiedeva perché il Dio di cui stava parlando Caroline non lo avesse salvato.
    E non aveva versato nemmeno una lacrima.
    Ma la sofferenza la circondava come un alone.
    Invisibile ma totalmente avvolgente.
    Dopo non c’era più stato tempo per le riflessioni.
    Solo per lo stupore.
    Era successo tutto con una velocità incredibile.
    Era stato possibile solo restare a guardare con la bocca aperta.
    Uno dei militari si era allontanato dal picchetto d’onore per gettarsi addosso a uno dei presenti.
    I due si erano picchiati e, nella lotta, si erano scontrati con la bara che, aprendosi, aveva rivelato al suo interno… un manichino!
    I due uomini avevano continuato a prendersi a pugni mentre tutti i presenti erano rimasti immobili e allibiti.
    Tutti, tranne la Dottoressa Brennan, che aveva preso un braccio del manichino dentro la bara e l’aveva scagliato con forza contro l’uomo che stava per puntare la pistola contro il militare.
    Bones, l’aveva chiamata l’altro uomo, rialzandosi in piedi e vedendola arrivare verso di lui.
    L’Agente Speciale Seeley Booth.
    Sentiva quel nome pronunciato a dir poco con stupore dai presenti.
    Che diamine stava succedendo?
    Erano al funerale dell’Agente Booth… e l’Agente Booth era vivo!
    Non aveva potuto soffermarsi a lungo sull’assurdità di quel pensiero…
    Vedere la Dottoressa Brennan che sferrava un pugno all’Agente Booth l’aveva decisamente distratta!
    L’uomo era finito a terra tenendosi la mascella con le mani.
    A quel punto la Dottoressa si era chinata su di lui e gli aveva preso il viso tra le mani, accarezzandoglielo.
    Con la massima nonchalance, l’aveva baciato, davanti a tutti i presenti.
    In un cimitero.
    Decisamente non il luogo più adatto per certe cose.
    Il pastore che aveva celebrato il rito aveva cominciato a tossire rumorosamente per richiamare l’attenzione.
    La Dottoressa e l’Agente Booth si erano rialzati da terra scrollandosi la polvere di dosso e tenendo lo sguardo basso.
    Dopo poco, con incredibile faccia da schiaffi, l’Agente Booth si era limitato a dire: “Sono vivo. Grazie per essere venuti al mio funerale”.
    Detto questo, aveva messo una mano sulla schiena della Dottoressa Brennan e si era diretto con lei verso l’uscita.
    Il cimitero si era svuotato lentamente mentre la gente si scambiava sguardi stupefatti, domande, congetture.
    Io non mi sono fatta molte domande.
    Semplicemente, due persone che si amano oggi si sono ritrovate.
    Durante un funerale.
    Finto.
    Strano.
    Spettacolare.

    Edited by omelette73 - 21/9/2009, 08:53
     
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  5. FrancyBB
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    complimenti a tutti! delle ff davvero belle!!!
     
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  6. martina047
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    Belleeeeeeee...grazie ragazze. :D
     
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  7. Cris.Tag
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    Ringrazio pubblicamente tutte le ragazze che hanno partecipato ai contest ff del BST, ogni volta ci avete saputo regalare una nuova emozione.
    Grazie di cuore a tutte!
     
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  8. lotus in dream1927
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    Grazie a tutte per aver reso l'attesa più sopportabile!
     
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7 replies since 14/9/2009, 07:54   812 views
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