BST Round 1: 1x01 Pilot

Testimone dal passato

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  1. xhio
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    The Boss

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    Autore: Kew08
    Titolo: Waitin’ on a sunny day
    Pairing: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: Il titolo dice già tutto... stiamo aspettando un giorno di sole.
    DISCLAIMER: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX

    Waitin’ on a sunny day

    Ferma sull’uscio di un ufficio dell’FBI, Temperance Brennan osservò per qualche istante l’uomo seduto alla scrivania.
    Provava una sensazione strana.
    Curiosità, sì.
    Avrebbe potuto continuare a guardarlo a lungo, per studiarlo, per provare a capirlo.
    Sarebbe stato un tentativo vano, pensò.
    Lei non era brava a capire le persone.
    E quella persona, in particolare, le dava l’impressione di essere un enigma assai complesso.
    Ma provava anche un vago senso di insicurezza.
    Quel desiderio di conoscere quell’uomo… era strano, e in qualche modo la turbava.
    Era abituata a dare poco di se stessa. Non vedeva perché gli altri dovessero farlo con lei.
    E, a onor del vero, il più delle volte non le interessava minimamente approfondire la conoscenza. Non era davvero politicamente corretto quel pensiero, ma essere politicamente corretta non le era mai riuscito, proprio mai.
    Cosa c’era di diverso in quell’uomo, allora?
    Perché la induceva a chiedersi cosa gli passasse per la testa?
    Cosa la portava a seguirne i movimenti, a soffermarsi sul tono della sua voce, a dare peso alle sue parole, alle sue opinioni?
    Ecco.
    Curiosità.
    Insicurezza.
    Aveva individuato ben due delle emozioni che si agitavano dentro di lei.
    Non male per una che evitava sempre, accuratamente, di guardarsi dentro.
    Guardarsi dentro…
    Detestava quelle espressioni che descrivevano azioni impossibili nel mondo reale.
    Ma c’era poco da fare. In quel momento Temperance Brennan si stava, in effetti, guardando dentro. E si accorse di un’altra, disturbante, sensazione.
    Esitazione.
    Lei!
    Stava esitando!
    Lei non esitava mai!
    “Booth”. Pronunciò quel nome come per pigiare su un interruttore che spegnesse quei pensieri assurdi che la stavano portando in territori che non aveva nessuna voglia di esplorare.
    Solo sentendosi chiamare Seeley Booth si accorse che qualcuno era entrato nella stanza.
    Era totalmente concentrato nella visione di un video. Sullo schermo scorrevano le immagini della laurea di Cleo Eller, la vittima dell’omicidio sul quale stavano indagando.
    Immagini di festa.
    Le spalle leggermente incurvate, l’espressione del viso vagamente incredula.
    Un dolore sordo nel cuore.
    Nella sua mente, flash dei resti martoriati di Cleo, immagini crude che sembravano prendersi gioco di quei sorrisi, di quella felicità che pure, un giorno, era stata la realtà di Cleo, di coloro che la amavano.
    “Sembrano proprio felici, non ti pare?”, le chiese.
    “Altrimenti non avrebbero acceso la videocamera, immagino”, rispose lei, pragmatica come sempre. “Zack ha detto che volevi vedermi”. Lo guardò, aspettando di sentire quel che aveva da dirle, osservandolo mentre taceva per qualche secondo.
    A cosa stava pensando?
    Di nuovo.
    C’era cascata di nuovo.
    Cosa le importava cosa stesse pensando? Aveva solo bisogno che le dicesse se c’era qualche novità o qualcosa da fare per il caso. Dovevano lavorare. Basta con le divagazioni insensate e fuori luogo.
    Ma se avesse potuto leggere nei pensieri di Booth, avrebbe saputo che era dispiaciuto per la frase che aveva pronunciato al laboratorio.
    Non sapete niente del mondo reale, aveva detto a lei e ai suoi squint.
    Si sentiva in colpa. Il senso di colpa era uno stato d’animo che conosceva piuttosto bene.
    Detestava ferire la gente. E, se per sbaglio lo faceva, l’istinto di curare quelle ferite era troppo forte per poter resistere.
    Voleva conoscere quella donna, stabilire un contatto con la sua storia, coi suoi pensieri, coi sentimenti che lui riusciva a percepire sotto la corazza.
    E, certo, voleva anche informarla sugli sviluppi del caso… e farle sapere che non sarebbe stato certo lui a tirarsi indietro di fronte al possibile assassino di una giovane donna innocente. Neanche se si fosse trattato di un senatore.
    Ma, prima, doveva provare a percorrere la strada che l’istinto gli suggeriva.
    L’istinto, il suo fidato consigliere.
    “Vorrei discutere di qualcosa di cui non ti piace parlare: famiglie”.
    Si alzò in piedi vedendola voltarsi verso la porta per uscire, in un secco e tacito rifiuto di toccare quell’argomento scottante.
    La chiamò, aggirando la scrivania: “Temperance…”.
    Lei si fermò e si girò, guardandolo.
    “I partner condividono cose. Costruisce la fiducia”.
    Con quella voce carezzevole e quel tono tranquillizzante, Booth voleva farle credere che parlare della sua famiglia e del suo dolore fosse la cosa più sensata.
    Non sarebbe accaduto.
    Non l’avrebbe convinta.
    Con lo sguardo, fiero e deciso, glielo disse.
    Solo con gli occhi.
    Te lo puoi scordare. Non ti parlerò di questo.
    Booth le ricambiò lo sguardo. Anche lui, senza parlare, le disse che la rispettava e che sarebbe stato paziente con lei.
    Allungò una mano, sfiorando quella di lei, in un fugace contatto che creò una scintilla.
    Capita, a volte, nei momenti di fragilità, che qualcuno ci conforti, ci faccia capire che non siamo soli.
    Capita, a volte, che in quei momenti le emozioni siano così intense e contraddittorie da farci salire le lacrime agli occhi.
    Ci sentiamo un po’ stupidi, allora, piccole fontane dai rubinetti difettosi. Leggere barchette sbattute qua e là tra l’amore e la paura, la disperazione e la speranza.
    Così si senti Temperance Brennan sentendo sulla pelle quel tocco delicato.
    Sulla pelle.
    Dentro l’anima.
    Un’emozione talmente forte da non farle venire in mente che è fisicamente impossibile toccare l’anima.
    La stessa intensa emozione negli occhi e nel cuore di Booth.
    Certi amori nascono così.
    In silenzio.
    Certe persone scelgono, sentimentalmente, di vivere nella penombra.
    La penombra è sicura.
    Non ferisce gli occhi.
    Non ferisce il cuore.
    Ma il sole è lì fuori che aspetta.
    Aspetta che chi si ama in silenzio, nella penombra, trovi il coraggio di guardarlo in faccia.
    Si intrufola nelle loro vite, raggio dopo raggio, tentandoli con assaggi di felicità.
    Sa aspettare, il sole, e regala i suoi colori anche a chi lo guarda con gli occhi chiusi.
    Sorge e tramonta, splende e riscalda, sicuro che un giorno quell’amore saprà guardarlo ad occhi aperti.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 12:22
     
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23 replies since 9/6/2009, 00:51   1502 views
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