BST Round 1: 1x01 Pilot

Testimone dal passato

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    Autore: Lathika
    Titolo: Roba fatta, capo ha.
    Pairing: Brennan/Booth
    Rating: per tutti.
    Con questa mia prima fiction ho cercato di immaginare quello che poteva essere il prologo al loro “incontro” in aeroporto, insomma un “backstage” del finto salvataggio di Booth.
    Note: Il titolo è dovuto ad un modo di dire che usava mia nonna paterna. Mi sembrava un modo carino per ricordarla ad un anno dalla scomparsa.
    Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono

    ROBA FATTA, CAPO HA.

    La spia che segnalava di tenere le cinture allacciate si spense poco dopo il decollo. Il comandate stava dando, in inglese con forte accento ispanico, il benvenuto sul volo Guatemala City-Washington ai pochissimi passeggeri presenti. La dottoressa Temperance Brennan si trovava su quel volo dopo due mesi passati a recuperare corpi da diverse fosse comuni, cercando di restituire loro almeno un’identità. Temperance Brennan era una rinomatissima antropologa forense e lavorava presso il Jeffersonian Institute di Washington. Questo in realtà non era un vero e proprio incarico ricevuto dal Jeffersonian, bensì il suo periodo di ferie arretrate. L’idea di andare in vacanza in qualche posto esclusivo a passare intere giornate stesa al sole, era per lei inconcepibile. Qualche volta, avrebbe potuto assecondare le insistenti richieste della sua amica Angela, sempre pronta a trascinarla in qualche luogo ricco di arte, cultura ed altre più allettanti forme di evasione. Ma il senso del dovere e la passione per il suo lavoro erano più forti di qualsiasi altra cosa. Proprio perché sapeva fin troppo bene cosa volesse dire veder sparire i propri cari, cercava di dedicare tutto il suo tempo al recupero e alla identificazione di corpi senza nome. Quella in fondo era la sua missione e nel suo campo era la migliore. Fece un profondo respiro e si voltò a guardare fuori dal finestrino. In quel momento stavano sorvolando il Mar dei Caraibi e da lontano s’intravedeva quella che doveva essere la costa messicana. Aveva davanti a sé diverse ore di volo. All’aeroporto ci sarebbe stata ad attenderla Angela. Già se la immaginava pronta a saltarle al collo e a bombardarla di domande sul suo soggiorno in Guatemala, su come erano i ragazzi che avevano lavorato con lei, sulle sue “attività” post-scavo. Dio santo, quella ragazza era un ciclone! Sarebbe riuscita ad organizzare un party anche nel bel mezzo della Foresta Amazzonica. Angela era un’autentica artista con tutte le luci ed ombre del caso. A Temperance era stata simpatica fin dall’inizio, anche se da un punto di vista intellettuale ed emotivo, non potevano essere così diverse. Lei razionale fino al midollo, dedita alla scienza come unica fonte di verità e assolutamente indipendente; Angela invece, totalmente irrazionale, pronta a rivoluzionare la propria vita per seguire un’illusione, capace di abbandonarsi completamente alla voce del cuore. A volte faceva fatica a capirla, eppure c’era qualcosa che le invidiava. Angela era una persona capace di interagire con il prossimo, era un’entusiasta della vita e di tutte le sorprese che questa poteva regalarci. Aveva mille interessi ai quali dedicava tutte sé stessa, era una pittrice straordinaria ed un genio al computer e il Jeffersonian aveva fatto un ottimo acquisto assumendola. Temperance avrebbe voluto avere almeno una parte della sua sensibilità nel cogliere le persone e del suo modo di affrontare la vita , avere la forza di aprirsi un po’ di più agli altri. Di certo il lavoro in laboratorio non la aiutava in questo. Forse, una volta tornata a Washington, avrebbe dovuto chiedere di poter collaborare più spesso con l’FBI, invece di dedicarsi solo ed esclusivamente alle attività interne. In fondo, lei era anche una consulente nei casi di omicidio che ricadevano sotto la giurisdizione federale. Più volte aveva avuto a che fare con agenti federali e francamente non aveva trovato nessuno degno di benché minima nota. C’era soprattutto quell’Agente Booth che trovava particolarmente fastidioso. Insomma, maledettamente invadente, intento a fare battute che lei raramente riusciva a cogliere e pronto sempre e solo a seguire il proprio istinto, a scapito di una logica ricostruzione squisitamente razionale. Aveva collaborato con lui ad un paio di casi e francamente era più che sufficiente. Si era preso talmente tante libertà, anche con i suoi collaboratori, che aveva categoricamente vietato a Zach di farlo avvicinare alla loro postazione in laboratorio. Ma chissà, forse con un altro agente meno estroverso e spocchioso, avrebbe potuto provare ad andare qualche volta sul campo. Ci avrebbe pensato una volta arrivata a destinazione. Adesso voleva solo godersi quel che rimaneva del volo. Abbassò la tendina e tirò giù lo schienale. Aveva decisamente bisogno di rilassarsi un po’.

    *****

    L’Agente Speciale Seeley Booth si guardò ancora una volta allo specchio prima di uscire di casa. L’aspetto doveva essere impeccabile in vista di quello che lo attendeva. Per l’occasione aveva scelto un completo scuro e, a malincuore, aveva rinunciato ad una delle sue tanto amate cravatte in favore di una più classica. Poco prima, aveva parlato con il suo amico alla sicurezza interna dell’aeroporto Dulles, al quale aveva chiesto un favore non da poco. Sapeva di essere in enorme debito con lui e che non se la sarebbe cavata con la solita birretta al pub sotto casa. Ma aveva assolutamente bisogno di parlarle e l’unico modo era quello di bloccarla in aeroporto non appena fosse atterrata, anche a costo di farla arrestare. C’era in ballo un caso particolarmente delicato. Insomma, ritrovare un corpo decomposto in uno stagno non è una cosa che avviene tutti i giorni e il fatto che questo stagno fosse nel bel mezzo di un cimitero militare, dava al tutto un’ironia tremendamente lugubre. L’unica che poteva capire a chi potessero appartenere quelle ossa era lei. Era maledettamente brava in quel campo. Sapeva leggere le ossa come lui riusciva a leggere le persone e la cosa non era da poco. Certo per il resto era un totale disastro: Era molto affascinante ma assolutamente asociale, usava un linguaggio considerato dai più incomprensibile, vanitosa fino all’inverosimile quando si trattava di sfoggiare titoli che attestassero la sua intelligenza. Avevano iniziato a discutere fin dal primissimo istante e con lei era una lotta continua, visto che voleva avere sempre l’ultima parola. Per non parlare poi dei suoi collaboratori, topi di biblioteca confinati in un laboratorio ultra moderno a catalogare insetti, ossa e terricci. Insomma, sembrava di stare sulla Enterprise! Dopo l’ultimo caso poi, si era visto negare l’accesso al dipartimento di Antropologia Forense del Jeffersonian dietro esplicito ordine di Bones. Era convinto che quel soprannome non lo gradiva affatto. Ma del resto, fin dal loro primo incontro, aveva trovato spontaneo chiamarla in quel modo. Poco prima di presentarsi, si era soffermato all’entrata del laboratorio e l’aveva vista sulla pedana presa ad analizzare uno scheletro, con una tale concentrazione, che ne era rimasto turbato. Era come se il mondo circostante si fosse fermato ad osservare quelle ossa con lei, tutto era immobile e sospeso, in attesa di un suo giudizio. Sembravano un tutt’uno lei e le ossa e per questo gli era venuto in mente quel soprannome. Certo avrebbe dovuto tenerselo per sé, ma con il passare dei giorni, l’aveva trovata così irritante, che quel nomignolo era venuto fuori e questo la Dottoressa Brennan non glielo aveva ancora perdonato. Guardò l’orologio e si rese conto che era veramente ora di andare. Si diede un’ultima occhiata allo specchio, prese le chiavi del SUV, dopodiché, con un sorriso a fior di labbra, chiuse la porta di casa.

    *****

    La voce del comandante che annunciava l’imminente atterraggio all’aeroporto di Washington fece trasalire la Dottoressa Brennan. Accidenti, aveva praticamente dormito per tutto il volo. Una hostess la invitò ad allacciarsi la cintura e a sistemare lo schienale del proprio sedile. Con un’espressione confusa Temperance si preparò all’arrivo. Sapeva di aver sognato, anche se non ricordava bene cosa. Più che altro era una sovraesposizione di immagini fra gli scavi in Guatemala, il lavoro di laboratorio e le poche indagini svolte per l’FBI. Quello che l’aveva maggiormente colpita era che, per tutta la durata del sogno, un profumo particolare aveva fatto da sottofondo. Sapeva di colonia, ma era più intenso e fresco. Inutile dire che le piaceva molto. Doveva averlo già sentito in passato. Ripensando alla sequenza di immagini che si erano succedute durante il sogno riuscì improvvisamente ad associare quel profumo ad una persona… Apparteneva all’Agente Seeley Booth! Dannazione, l’aveva completamente rimosso. D’altronde era inevitabile, vista l’immediata antipatia che era sorta fra loro fin dalla prima indagine. Avevano passato più tempo a battibeccare che a discutere dei casi, ma doveva ammettere che insieme erano riusciti a risolverli anche quando sembrava fossero giunti ad un punto morto. E poi quel profumo l’aveva in qualche modo rassicurata durante il tempo trascorso assieme. Rassicurarla da che cosa poi non era chiaro, ma sapeva che accanto a Booth aveva avuto modo di esprimersi oltre le proprie competenze scientifiche, anche se con scarso successo, visto che lui non perdeva mai l’occasione per riprenderla. In fondo era stato l’unico a darle un minimo di corda ma, ogni volta, l’aveva pagata molto cara. Guardò fuori dal finestrino e vide da lontano stendersi la città di Washington. Ma sì, forse avrebbe chiesto a Goodman di poter ancora collaborare con il fastidiosissimo Agente Booth, doveva solo cogliere l’occasione giusta. Prese questa decisione nel momento esatto in cui le ruote del velivolo toccarono la pista di atterraggio.

    *****

    Seeley Booth parcheggiò il SUV di fronte all’ingresso degli Arrivi Internazionali dell’Aeroporto Dulles, prese il libro che stava nel cruscotto e scese dall’auto. Fu davanti alle porte scorrevoli dell’ingresso che incrociò un gruppo di cinque persone composto da quattro poliziotti ed una ragazza bruna dai tratti asiatici. A prima vista poteva sembrare un arresto, ma poi si rese conto che la ragazza stava raccontando una barzelletta e i quattro poliziotti ridevano di gusto ad ogni sua parola. Insomma, si trattava più di un corteggiamento che di un arresto e lei sembrava gradire molto quella situazione. Non appena le porte si aprirono, si sentì chiamare. Con profonda sorpresa realizzò che era stata proprio quella ragazza a farlo e gli ci volle qualche secondo per riuscire a focalizzarla. Ma sì, era Angela Montenegro, l’amica e collega di Bones al Jeffersonian. L’unica che avesse delle parvenze umane in mezzo a quell’esercito di androidi. Non aveva fatto in tempo a sviluppare questi pensieri, che se la ritrovò appesa al collo. Fu praticamente investito da una valanga che continuava a ripetere di aver capito che, tutta quella messa in scena, era farina del suo sacco. Angela gli raccontò di come lei e Brennan fossero state fermate dalla sicurezza poco prima di lasciare l’aeroporto, di come Brennan avesse steso il loro capo con un‘abile mossa di karatè e di come lei avesse contribuito a tenerlo a terra a colpi di borsetta. Poi Brennan era stata portata negli uffici della sicurezza aeroportuale perché nella sua borsa avevano trovato un teschio umano. Lei invece si era ritrovata ad essere scortata alla sua macchina da questi quattro cavalieri. Insomma, la festa di bentornato a “Bones” era riuscita proprio bene! Aveva trovato la giornata decisamente interessante e sperava si sarebbe conclusa nel migliore dei modi. Tutto questo lo disse ammiccando al biondino che stava alla sua destra. Salutò Booth con un sorriso complice ringraziandolo ancora per la sorpresa e raccomandandogli di vegliare sulla sua amica, la quale,probabilmente, non avrebbe preso la cosa con lo stesso spirito.
    Rimase fermo davanti alla porta ad osservare il gruppetto che si dirigeva ai parcheggi. Non appena sparirono dietro l’angolo, si voltò ed entrò in aeroporto. C’era poco movimento in giro, giusto qualche addetto intento a controllare il contenuto dei bagagli di un gruppo di turisti venuti dall’Europa. L’ufficio della sicurezza aeroportuale si trovava alla fine di un piccolo corridoio dietro ai controlli doganali. Cercò di allungare il passo perché temeva che la situazione potesse degenerare. Sapeva che, a questo punto, avrebbe dovuto offrire ben più di una cena al suo amico e si annotò mentalmente di chiamare Sid per chiedergli di rimediare due posti in tribuna per il prossimo incontro dei Mets. Prima di entrare, si soffermò davanti alla porta a vetri a studiare la scena che si stava svolgendo all’interno della stanza. Vide che lei era di spalle intenta a parlare con il suo amico ed una poliziotta seduta in fondo al tavolo. Più che arrabbiata aveva l’impressione che fosse quasi annoiata, come quando insisti a ripetere qualcosa che, chi ti sta di fronte, non riesce proprio a capire. Booth pensò che era giunta ora di entrare in azione. Cercò di assumere un’espressione che si adattasse alla circostanza ed aprì la porta.

    *****

    La Dottoressa Brennan stava spiegando per la centesima volta chi fosse e per quale motivo stesse girando con dei resti umani nella propria borsa, quando sentì aprirsi la porta alle sue spalle. La stanza fu subito invasa dal profumo che l’aveva accompagnata per tutto il sogno. Mentre si stava scusando con l’Addetto alla Sicurezza per averlo messo in difficoltà di fronte ai propri subalterni, Temperance Brennan capì che quella occasione era finalmente arrivata.

    Edited by omelette73 - 30/6/2009, 12:23
     
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