BST Round 3: 1x11

Rapimento e riscatti

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  1. omelette73
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    + Autore Cris.Tag
    + Titolo Inaspettata prevedibilità
    + Pairings (coppie) BB
    + Rating per tutti
    + Frase simbolica Brennan e Booth alle prese con alcuni pensieri relativi alla conclusione del caso.
    + Disclaimer i personaggi citati in questa fan fiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie “Bones di proprietà della Fox

    Inaspettata prevedibilità

    “Sei ancora felice di non avere figli?”
    “Sì. Perché?”
    “Il modo in cui guardavi il bambino e suo padre ... pensavo solo che avessi cambiato idea.”
    “No. Sei ancora felice di avere un figlio?”
    “Più felice oggi di ieri.”
    “Non ha senso.”
    “Già, è complicato.”


    Il traffico a quell’ora era scorrevole. Le luci che incontrarono sulla grossa arteria che li stava riportando in città facevano da contorno al loro silenzio.
    “Ti va di bere qualcosa, Bones?”
    “Non credi sia un po’ tardi?”
    “Sid è sempre aperto per gli amici … mi è venuta fame.”
    “Io non ho fame.”
    “Sid ti offrirà sicuramente qualcosa a cui non potrai dire di no.”
    Tornarono a concentrarsi sui propri pensieri, in silenzio.

    Brennan continuava a non capire il discorso di Booth.
    Sapeva quanto fosse importante il figlio per lui, ma non capiva il perché. Possibile che fosse sufficiente la sua presenza, il pensare a lui per rendergli meno difficile la sua lotta quotidiana contro le malvagità?
    Il legame con il proprio piccolo è tipico solo delle zone più sviluppate. In altre realtà si spinge la progenie all’indipendenza il più presto possibile. L’unica cosa in comune rimane il patrimonio genetico, ogni tipo di contatto con la gruppo familiare d’origine è scoraggiato.
    L’agente non vedeva l’ora di passare un altro fine settimana con Parker. Suo figlio stava crescendo e insieme potevano iniziare a condividere le esperienze della vita. Aveva solo bisogno di questo per potersi riprendere da un’esperienza come quella che si era appena conclusa. Chiudere gli occhi e respirare odore di buono.

    Il Wong Fu era ormai deserto quando vi entrarono, ma Sid li aspettava. Sapeva che il suo amico Seeley non avrebbe mancato l’appuntamento serale quotidiano.
    “Giornataccia, a quanto vedo.” Pulì con lo strofinaccio la parte di bancone che i due decisero di occupare. Le luci erano ormai soffuse e la maggior parte delle sedie facevano bella mostra di sé sopra i tavoli.
    “Puoi dirlo forte, amico. Cosa ci puoi offrire?”
    “Qualcosa di veramente speciale.” Sparì dietro le porte della cucina.
    “Booth?”
    “Che c’è Bones?”
    “Perché sei felice oggi più di ieri?”
    Invece di una risposta, la donna ricevette solo un sorriso divertito accompagnato da uno sguardo stanco. Non fu in grado di interpretarli. “Non capisco perché tu ti senta felice ogni giorno di più, quando sai cosa potrebbe accadergli.”
    “Sono felice perché non gli accade nulla, Bones.”
    Sentì una strana sensazione allo stomaco, diversa da quella che aveva provato quando Weeks gli aveva detto di essere felice per non avere figli. Possibile che la gente attorno a lei pensava fosse così semplice accudire il proprio piccolo? Pensava che l’assistente del procuratore avesse ragione, ne era convinta.
    Ma non sapeva spiegare perché sentirlo pronunciare quelle parole l’avesse fatta sentire a disagio, quasi in colpa. Non era cinica, aveva dei sentimenti. Anche Booth l’aveva riconosciuto.
    “Ma non pensi a quello che potrebbe accadergli in futuro?”
    Le sue parole furono interrotte dal ritorno di Sid che portava due piatti, uno per ciascuno.
    Ormai non si stupiva più. Sapeva che non era necessario fare domande, ma anche se entrava senza appetito, usciva da quel locale soddisfatta. Quell’uomo era decisamente bravo nel suo lavoro.
    Sid propose un brindisi e Booth alzò la sua birra di rimando. Anche lei decise di compiere lo stesso gesto, in direzione dei due.
    Si sentì un po’ esclusa quando li sentì discutere di un incontro che si era tenuto nella serata. Percepì il disappunto del suo collega quando l’uomo dietro al bancone gli citò dei numeri. Risultati, pensò lei, relativi a qualcosa che le sfuggiva. Non sapeva nemmeno a quale attività fisica si stessero riferendo. Decise di tornare ai suoi pensieri mentre tagliava un pezzo di frittata alle verdure.
    Era stata messa al mondo con un preciso scopo, si disse. I suoi genitori avevano fatto una scelta, infatti dalla loro unione erano nati lei e suo fratello. Ma cosa c’era di sbagliato nel ritenere che un individuo potesse bastare a se stesso? Si trattava in fin dei conti di avere fiducia nelle proprie capacità. Gli esseri viventi, come le aveva insegnato l’antropologia, creavano dei gruppi sociali proprio per supplire alle mancanze di alcuni dei componenti che vi facevano parte.
    Vedeva ogni giorno degli scheletri, sapeva che il suo compito era quello di dare un nome a quei resti. Era consapevole che restituire le spoglie ad una famiglia era doloroso, ma era meglio avere delle risposte piuttosto che non averle. Eppure pensava che non avere legami fosse più semplice. Niente domande, niente risposte.
    Masticò lentamente e deglutì. Accompagnò il gesto con un sorso di vino. Poi proseguì.
    Poteva Decker, persona intelligente e dotata, lasciare che le sue decisioni venissero influenzate dalla vita del proprio figlio? Era davvero così importante?
    Poteva capire un comportamento del genere da Booth, lui si faceva coinvolgere da ogni caso, era una persona intuitiva, ma anche sensibile. Le aveva chiaramente detto che in quel pezzo di arto, composto da ossa metacarpali, muscoli, tendini e carne, vedeva un bambino spaventato.
    Lei non poteva concedersi quel lusso, altrimenti non sarebbe mai riuscita ad arrivare dove si trovava. Aveva bisogno di mantenere quel distacco, necessario per la sua lucidità.
    “Pianeta Terra chiama Bones … ci sei? Sei ancora qui con me?”
    I suoi pensieri scoppiarono come una bolla di sapone, con la forchetta a metà strada fra il piatto e la sua bocca. Solo allora si accorse della musica di sottofondo e del suo collega che la stava osservando. Era brava ad escludere il resto quando era necessario.
    “Bones … a cosa stavi pensando?”
    “Come sai che stavo pensando?” fece proseguire il viaggio della forchetta e assaporò anche un pezzo di carne.
    “Ti ho fatto delle proposte indecenti e tu non mi hai risposto …”
    Lo guardò sorridere mentre sorseggiava la sua birra.
    “Non è vero. Me ne sarei accorta.”
    “Però avrei potuto.”

    “Stavo pensando a Decker. Dovrà occuparsi di suo figlio ora che sua moglie è morta.”
    “Già.” Un’ombra calò sul viso del suo collega.
    “Non hai risposto alla mia domanda, Booth. Perché sei più felice oggi più di prima se sai cosa potrebbe accadergli?”
    “Un figlio ti rimette in gioco, Bones. Non è solo un buon proposito che fai il primo giorno dell’anno, quando prometti che ti comporterai bene, che uscirai più spesso con gli amici o che andrai più spesso in palestra per rimetterti in forma.”
    “Non capisco …” si girò verso il suo collega per meglio comprendere il suo pensiero.
    L’uomo appoggiò il bicchiere sul bancone e poi cominciò a parlare verso un punto indistinto di fronte a sè. “Se voglio essere un buon padre devo comportarmi in un certo modo. Se voglio che mio figlio cresca comportandosi bene, rispettando gli altri, devo dargli fiducia. Devo trasmettergli quello che ho. Non siamo solo un ammasso di conoscenze, non tutto si impara sui libri. Voglio potermi guardare allo specchio e sentirmi fiero di quello che sono.”
    “Cosa c’è di male nella conoscenza, Booth? Io sono molto intelligente.”
    “Bones … non mi riferivo a te. Tu non sei solo un ammasso di conoscenze, anche se ti vanti un po’ troppo spesso di sapere un mucchio di cose. Hai scelto di stare dalla parte giusta, tutto qui. Hai anche tu un cuore con dei sentimenti, da qualche parte.”
    “Sei a conoscenza del fatto che tutti gli esseri umani e animali hanno un cuore, vero? E che associare un muscolo a delle emozioni è solo una convenzione?”
    “Posso capire che tu preferisca mantenere il distacco per non lasciarti coinvolgere, Bones. Io non ci riesco, devo sentirmi coinvolto per poter dare di più. Sapere che quel bambino era ancora vivo mi ha dato la forza per continuare. Tu mi hai dato l’opportunità di fare la cosa giusta procurandomi le informazioni necessarie per trovare Donovan. Coinvolta o meno, senza di te e i risultati della tua squadra non saremmo arrivati in tempo.”
    Questa cosa la fece sentire meglio, ristorata. E non era solo per il cibo e il buon bicchiere di vino. Le parole dell’uomo al suo fianco continuarono a migliorare quella sensazione.
    “Noi associamo i nostri risultati. Che ne sarebbe stato se fossi venuto da te portandoti il dito senza nessuna speranza? A quest’ora il piccolo sarebbe morto. Non potevo permetterlo, Bones. Hai visto la faccia di suo padre quando l’ha abbracciato?”
    “Sì, era decisamente sollevato.”
    “Abbiamo reso Paul Decker una persona più forte con suo figlio al proprio fianco. Ora sono sicuro che testimonierà contro la KBC Systems.”
    “Quindi tu associ la presenza di una persona alla qualità della vita di un’altra?”
    “Se non avessi Parker probabilmente non sarei mai riuscito a capire il dolore di Decker. Da quando è nato mio figlio so di essere una persona migliore.”
    Prima ancora che la sua collega potesse controbattere, decise che era troppo stanco per continuare. “Bones, ti riaccompagno se hai finito. Ho voglia di tornare a casa.”
    “D’accordo. La mia auto è al Jeffersonian.”
    “Lo so, Bones. Lo so. Me lo ricordo” sorrise, ma in realtà si sentiva trattato come un bambino.
    Strano, pensò lei, quanto il tempo sembrasse scorrere più veloce quando era in sua compagnia.
    Fecero pochi passi in direzione della porta, dopo aver salutato Sid.
    “Booth, ancora una cosa.” Si fermò di colpo e si girò.
    Per poco non andò a sbattere contro di lei. “Che c’è?”
    Lo guardò dritto negli occhi prima di dirlo “Non ho cambiato idea. Io non voglio dei figli. Sto bene da sola. Non ho bisogno di nessuno per migliorare la qualità della mia vita.”
    “Sbagliato, Bones. Tu non sei sola.” Mise le mani in tasca e strinse il tessuto liscio della cravatta.
    La lasciò così, interdetta per quella risposta. A cosa si stava riferendo? Vide solo le sue spalle sparire dietro la porta del Wong Fu.
    Accelerò il passo per raggiungerlo.

    Edited by omelette73 - 10/7/2009, 14:09
     
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  2. Cris.Tag
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    Autore: Kew08
    Titolo: Passeggiando in bicicletta…
    Pairing: B&B
    Rating: Per tutti
    Summary: Lungo i viali silenziosi accanto a te, con quegli occhi allegri e accesi d'entusiasmo ragazzino… io mi sto sempre più innamorando…
    DISCLAIMER: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones" di proprietà della FOX. Mi sono ispirata alla canzone “In bicicletta” di Riccardo Cocciante, prendendone in prestito alcuni versi.

    Passeggiando in bicicletta…

    Uscendo dall’ascensore e dirigendosi verso il portone, Bones continuava a chiedersi cosa ci facesse Booth davanti casa sua, di domenica mattina.
    Le aveva citofonato e, quando gli aveva chiesto come mai fosse lì, le aveva semplicemente chiesto di scendere giù.
    Lei gli aveva risposto che non le piacevano le sorprese e lui, con tono tranquillo e divertito, aveva minacciato di rimanere lì tutto il giorno e di cominciare anche ad ululare al sorgere della luna.
    Ne sarebbe stato capace?
    Qualcosa le diceva di sì.

    Gli aveva detto che stava scendendo e aveva rimesso a posto il citofono.
    Prima di uscire si era guardata allo specchio per un secondo.
    Era senza trucco e i capelli, durante il sonno, avevano assunto una strana piega.
    Aveva fatto una smorfia e resistito all’impulso di farsi una linguaccia.
    Magari l’avrebbe fatta all’Agente Speciale Seeley Booth, se si fosse azzardato a fare qualche battuta sul suo aspetto… o forse l’avrebbe atterrato con una mossa di kung fu… o un calcio dove più gli avrebbe fatto male.
    In quel caso avrebbe davvero ululato… e non alla luna.
    Sorrise al pensiero e premette il pulsante di chiamata dell’ascensore che arrivò subito al piano.
    Circa un minuto dopo era davanti a Booth, che l’aspettava appoggiato al suo SUV, con indosso una tuta nera e grigia e delle scarpe da ginnastica bianche.
    “Sto andando al parco a fare un giro in bicicletta”.
    “Mi fa piacere per te”.
    “Anche a me fa piacere per te”, rispose lui, sogghignando.
    Lei strinse un po’ gli occhi: “Perchè?”.
    “Perché tu vieni con me”.
    “Non ci penso proprio”, rispose lei con una secca risata.
    “Bones, ma se mi hai detto tu stessa che andare in bicicletta ha un significato antropologico, che ha a che fare con una gamma di prassi e costumi culturali…”.
    “Io parlavo dell’imparare ad andare in bicicletta, non dell’andare in bicicletta, non far finta di non cogliere la differenza”.
    Lui non rispose, le fece solo un sorriso che avrebbe convinto uno scimpanzé a farsi fare la ceretta all’inguine.
    “Non ho una bicicletta”, disse lei, quasi giustificandosi.
    Lui, col pollice, attirò l’attenzione sul tettuccio del SUV: “Una da uomo, una da donna. Quella da donna ha il sellino rosa”.
    “Potrei rifiutarmi di venire anche solo per questo”.
    “Che dici, allora? Metti una tuta?”.
    “D’accordo. Torno subito”, si arrese lei, rientrando nel palazzo per andare a cambiarsi.
    Raggiunsero il parco con il SUV e, dopo avere parcheggiato, Booth slegò le biciclette e le mise a terra.
    Il sellino della bici di Bones era, in effetti, rosa shocking.
    Lei si consolò guardando il sellino di quella di lui, di un leopardato che sarebbe sembrato trucido anche a un cantante rock gay degli anni Ottanta.
    Bones, mentre saliva sulla sua bici, lo guardò molto perplessa, spostando lo sguardo dal sellino a lui, da lui al sellino.
    “Che ci posso fare? Il tizio del noleggio deve essere un po’ particolare…”, si giustificò lui.
    Salì anche lui sulla bici e insieme cominciarono a percorrere la pista ciclabile attorno al parco.
    Mantennero prima un ritmo lento, godendosi il vento fresco sul viso, in un silenzio rilassato.
    Poi Bones scattò in avanti con un paio di pedalate veloci e rallentò un attimo voltandosi verso di lui per lanciargli una sfida: “Vediamo chi arriva per primo a quella quercia!”, ripartendo subito a tutta velocità.
    Lui, ovviamente, raccolse il guanto e cominciò a pedalare di gran carriera.
    Mentre correvano ridevano come pazzi, il che, combinato alla corsa, li lasciò completamente senza fiato.
    Booth riuscì a toccare per primo la quercia con la mano e, zigzagando, raggiunse la parte interna del parco, scendendo stancamente dalla bici e lasciandosi cadere sull’erba, braccia e gambe spalancate, gli occhi chiusi per non guardare direttamente il sole.
    Lei lo imitò, lasciando la bici per terra, accanto a quella di lui, sdraiandosi al suo fianco e godendosi il tepore del sole mentre riprendeva fiato.
    Rimasero così per diversi minuti.
    Booth si stava godendo quel momento di totale serenità e benessere, svuotando la mente da ogni pensiero.
    Aprì gli occhi all’improvviso, sentendo un respiro caldo sul volto.
    Lasciandolo letteralmente senza parole, Bones gli sfiorò il naso con il proprio, poi si allontanò leggermente e gli sorrise: “Gli Inuit e i membri di alcune tribù del Pacifico si annusano per stordirsi con l’odore del partner”.
    Stordirsi con l’odore del partner?
    Sicuramente lui si sentiva stordito.

    Rimase immobile, ogni attività, fisica e mentale, decisamente in stand by.
    “Sto invadendo il tuo spazio vitale… pensavo ti desse fastidio”, disse lei, con un tono da dolce presa in giro.
    “Eh?”, chiese lui, ancora sconnesso.
    “L’altro giorno hai detto a Zach di stare fuori dal tuo spazio vitale”.
    Stava davvero mettendo sullo stesso piano se stessa e Zach Addy?
    Quella donna era pazza.
    Decisamente.

    Le passò una mano fra i capelli, attirandola verso di sé per baciarla.
    Si baciarono a lungo e lentamente, dimenticandosi degli Inuit, delle tribù del Pacifico, di ogni altra cosa nel mondo. Persino del tempo. Persino dello spazio.
    Ancora con la bocca sulla sua, lui sussurrò: “C’è invasione e invasione”.
    Pur persa nel piacere di quel contatto lei non poté fare a meno di dar voce alla parte più assurda della sua natura: “Questo che fai è un distinguo di tipo oggettivo o di tipo soggettivo?”.
    Era già tempo di baciarla di nuovo, pensò Seeley Booth e, spostandosi su un fianco, si chinò nuovamente verso di lei.
    Invadendo il suo spazio vitale.

    Il futuro è nato stamattina…

    Edited by omelette73 - 10/7/2009, 14:09
     
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  3. FrancyBB
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    lette!!!
    molto belle anche queste!!! complimenti!!!
     
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  4. Cris.Tag
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    Difficile scegliere, meno male che sono due! :P

    Però per il prossimo contest ne vogliamo di piùùùùùù ;)
     
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  5. omelette73
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    Davvero grazie alle autrici che si sono cimentate, stili diversi, ma entrambi veramente belli!
    Quoto Cris.Tag, la prossima volta ne voglio di più!!!!
     
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  6. martina047
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    Sono molto belle, ma che peccato solo due.. :huh:
     
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  7. lotus in dream1927
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    Peccato che siano solo due,ma che stile ragazze!Brave, sempre e comunque!
     
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6 replies since 29/6/2009, 08:46   601 views
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